Il mio presepe - Il Mondo di Aquila e Priscilla

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Riflessioni in libertà di padre Roberto Zambolin per augurare BUON NATALE e SERENO 2024
agli amici vicini e lontani. A quanti, soprattutto, camminano nel buio, con poca speranza….

Fino a qualche anno fa ero solito preparare, per tempo, accanto all’ufficio parrocchiale, un “piccolo presepe”: c’era il paesaggio con tante luci colorate e con casette illuminate dall’interno; c’era anche un piccolo torrente che rumoreggiava mentre scorreva; c’erano anche tanti personaggi, alcuni di gesso altri di cartone che richiamavano serenità, laboriosità, cammini lenti e tranquilli verso la grotta della natività. Ovviamente non mancavano: il cielo con le sue luci-stelline, i pastori, gli zampognari, le pecorelle, gli angeli e, sulla punta della grotta, fissata per bene, una luminosa stella cometa. Da qualche anno, questo in particolare, sento in me una certa resistenza a fare questo presepio…non so, mi sa “oggi” troppo di fiaba, di “contesto non vero” in cui Cristo viene, di estraneità alla mia vita e alle situazioni ecclesiali e sociali nelle quali il Signore ha bisogno di ri-nascere e di essere accolto.
Questo anno, perciò, decido io chi mettere nel mio presepe, davanti a quella grotta, in cammino verso quel neonato. Voglio ardentemente che tutti i miei personaggi, in un modo o nell’altro, portino impresso nella loro vita il volto di quel Bambino, la medesima condizione di povertà e di abbassamento di quel Dio Salvatore di tutti, eppure cosi fragile nella sua condizione di umanità. In quel bambino e nelle persone in carne ed ossa che gli assomigliano, scopro non il “Dio ideale”, quello tutti vorremmo ma il ”Dio reale”, quello che molti non vorrebbero proprio: il Dio dal volto di persona affamata di amore e di pace, dal volto tormentato dalle povertà di malattie fisiche e psichiche; il Dio fragile e umile, che ha gli occhi e il volto dei peccatori che non sanno come liberarsi dalle loro dipendenze, che ha il volto di tanti malati nel corpo e nello Spirito, il volto di tanta gente povera e sola, il volto dei carcerati, di quei giovani stanchi perché, per mantenersi, devono studiare e lavorare, costretti a restringere il campo delle relazioni umane… E mi ci metto anche io, perché se il mio Dio è nato in una stalla, non si scandalizzerà di me, della mia miseria. I volti dei potenti NO, non ce li metto proprio nel mio presepe! I volti sicuri, forti, sempre vincenti, e quelli di gente poco discreta e delicata, i volti di gente gonfia di sé, i volti che non sanno essere umili di fronte alle proprie cadute e vogliono difendere ad ogni costo la loro doppia vita, i volti di quanti non sanno chiedere sinceramente scusa, i volti delle persone arroganti che causano ferite e sofferenze nelle relazioni, i volti di chi nella Chiesa abusa in vario modi del proprio ruolo, e non sa capire, ascoltare, dialogare, fasciare le ferite dei cuori affranti e incerti…Ecco: questi volti decisamente non ce li metto nel mio presepio! Tutta questa gente, non si metterebbe in cammino, ricordate Erode? So bene che in questo mondo comandano sempre i più forti, che Erode siede sempre su un trono di morti, che la vita è un’avventura affascinante e piena di pericoli ad uno stesso tempo, che il cammino avviene tra delusioni e speranze, tra entusiasmi e scoraggiamenti, ma so anche che dietro a tutto questo c’è un filo rosso il cui capo è saldo nelle mani di Dio.
E allora compongo così il mio presepe: ci metto le persone che sanno soffrire e offrirsi per amore, ne conosco tante, grazie a Dio! Ci metto quelle persone che vengono alla Messa in carrozzina: con fatica, ma con coraggio e dignità e che danno a tutti una grande testimonianza di fede; ci metto il volto di un giovane lavoratore usato e depresso: ci metto le sue lacrime, il suo inferno interiore, il suo passato, i suoi fantasmi famigliari e amicali, ma anche il miracolo che sempre mi stupisce quando lo incontro: quello di uno che sta accettando con dignità la sua condizione, che non si rassegna e che tenta sempre di rialzarsi per riempire di senso il tempo che avrà davanti senza chiudere con la vita. Ci metto un giovane senegalese di “Piazza Indipendenza” che scopre ogni mattina l’amarezza di svegliarsi lontano dalla sua casa, dai suoi amici, dai suoi fratelli, dalla sua ragazza. Ci metto il volto delle prostitute che passeggiano di notte lungo i viali di Firenze per vendere un corpo che non appartiene più a loro, schiave ormai! Nude della propria dignità di donne e, talora, anche di madri, nude della propria libertà. Nude per il piacere di uomini, nude per il guadagno di altri uomini. Sono convinto che nel mio presepio ci starebbero bene, in una strada migliore, in cammino verso un neonato, nudo come loro, ma che le accoglierebbe non per vile interesse, ma con la tenerezza e la dolcezza di chi senza giudicare tutto crede, tutto spera, tutto sopporta, di tutti ha fiducia e tutti salva con il dono della sua stessa vita: dà il suo Sangue, per salvare il mio! E poi nel mio presepe metterei si’ gli angeli, ma quelli veri; gli angeli che Dio mi ha messo e continua a mettermi accanto nella vita: che mi hanno accettato come sono, che mi accompagnano e mi sostengono nel dubbio, che mi tendono la mano nelle debolezze, che mi hanno insegnato l’umiltà; quegli angeli che pur lontani continuano a volermi bene e a pregare per me. Ci metterei tutte quelle persone, donne e uomini, benedetti da Dio che difendono i diritti dei poveri e degli esclusi, ci metterei tutti quegli angeli custodi che sono i tanti volontari, anche molto giovani, che servono alle mense, che visitano e nutrono i barboni della notte, e tutti quelli che costruiscono ponti e legami di amicizia, tutti i medici che in Palestina, come in Ucraina e in altre parti del mondo curano, sotto le bombe e con il rischio della vita, tanti malati in ospedali di guerra; e tutti quei preti e consacrate e consacrati che, nonostante fatiche e incomprensioni, sono angeli di testimonianza e di fedeltà alla propria vocazione, perché non scendono a nessun compromesso e non si vendono per nessun piatto di lenticchie! Angeli che non scappano, non fuggono, non lasciano nei momenti di tempesta, ma che ci sono sempre!
Eccolo il mio presepe: lo scopro pieno di una umanità bella, di donne, di uomini fragili, nudi, senza certezze, di una umanità provata, ma viva, vera, reale come il figlio di Dio che giace in una mangiatoia. Come Maria e Giuseppe queste persone del mio presepio non possono fare altro che abbandonarsi al Mistero, cercare la Via, la Verità, la Vita che vengono dalla luce di una stalla, una luce più viva, più calda, più luminosa di ogni illusione umana, in cammino verso quel Figlio che ci viene dato per scaldarci al fuoco della Speranza. Questo Natale il mio presepio l’ho costruito così: non con la fantasia, ma con il cuore. E da li riparto per guardare avanti!

p. Roberto Zambolin M.S.C.

“ Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano interra tenebrosa una luce rifulse” (Is.9,1)

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