TOTA PULCHRA ES MARIA
nel tempo e per il tempo
di Mons. Calogero Peri o.f.m. Capp. Vescovo di Caltagirone
Nel primo istante della sua concezione
La ricorrenza dei 150 anni della promulgazione del dogma dell’Immacolata concezione della Vergine Maria, è un’occasione per ritornare a pensare, ad approfondire e a meglio comprendere il contenuto diquesta dottrina, culminata nel pronunciamento dogmatico, Deus,del Papa Pio IX nel 1854. Con la fede della Chiesa noi crediamo e affermiamo che Maria, in vista dei meriti di Cristo Gesù, salvatore di ogni uomo, è concepita senza il peccato originale fin dal primo istante della sua concezione. praevisa merita,come da sempre è stato compreso temporalmente il contenuto di questo singolare privilegio, significa che Maria è stata preservata dal peccato per un’efficacia della redenzione operata da Cristo Signore. Esattamente ciò che con puntualità precisa il testo dogmatico: «Christi Iesu Salvatoris umani generis». Come si può immediatamentevedere sono fondamentalmente due gli aspetti su cuisi fonda questopronunciamento dogmatico. Da una parte la dottrina della giustificazione nel suo insostituibile fondamento e riferimento a Cristo, dall’altra un’inedita concezione della temporalità, che non trova assolutamente riscontro in quella che possiamo indicare come filosofia o concezione ordinaria del tempo.
Tralasciando la prima questione, quella della giustificazione, che si affronta,e anche qui verrà affrontata da una prospettiva teologica, ci limitiamo a trattare di quella che fariferimento al tempo. E lo facciamoda una prospettiva filosofica che però, anche a partire dal dogma che stiamo per considerare, riceve non poca luce dall’affermazione che Maria è Immacolata per la salvezza che opera suo Figlio. Nel tempo Maria è evidentemente da collocarsi prima di suo FiglioGesù di cui è madre, tuttavia lei è preservata dal peccato originale a partire da un evento, la redenzione, che nel tempo accade dopo.Il prima e il dopo, che poi danno luogo alla connessione di causa ed effetto, qui non possono essere assunti nella rigida consequenzialitàa cui normalmente facciamo riferimento. Il prima e il dopo qui addirittura si invertono. E così quello che viene prima, Maria redenta dal peccato ad opera del Figlio, accade in forza di ciò che viene dopo: la redenzione operata dal suo Figlioin un tempo posteriore. Traducendolo nelle nostre categorie, cioè nel rapporto di causa ed effetto, è affermare che l’effetto viene prima e addirittura opera sulla causa. Infatti, per la generazione nel tempo del suo Figlio Gesù, la Vergine Maria è prima, invece per la salvezza dal peccato, con cui Cristo preserva anche la madre da ogni colpa, è primaCristo. Ci troviamo evidentemente di fronte ad una concezione del tempo che è inclusivadi tutto ciò che vi accade dentro. E questo non necessariamente secondo la connessione del prima e del dopo, secondo la quale a determinare ciò che accade dopo è sempre e solo ciò che avviene prima.
Sequesta considerazione fa sicuramente riferimento al tempo, e se pertanto la struttura della temporalità che entra nella formulazione dogmatica assume un’altra valenza, noi dobbiamo considerarese questa è un’eccezione o se invece non faccia riferimento ad una concezione totalmente altra della stessa temporalità. Accetdunque la sfida densa di interrogativi offertaci dal fluire del tempo, maugualmente attenti a considerare se per caso il tempo non possa essere considerato diversamente. La sfida del tempo, la sua irreversibilità e irrecuperabilità, per cui ciò che è accaduto resta irrimediabilmente e per sempre chiuso nel passato, a partire dalla storia della salvezza può risultare anche una sfida al tempo, può diventare la sua ricuperabilità e dunque la sua percorribilità sia in avanti sia indietro. Il dogma dell’Immacolata concezione della Vergine Maria, ci permette di riflettere in maniera privilegiata proprio su tali questioni, ma con una luce diversa e da una prospettiva inedita.
Passa il tempo
Una porta di accesso per considerareil tempo ci può essere offerta dall’impatto esistenziale che ha sulla nostra vita. Assieme, eanche di più dello spazio, il tempo è l’altra coordinata entro cui si svolge la nostra e ogni esistenza. Ma non sempre le nostre considerazioni sul tempo sono fedeli ai dati. A volte, più per leggerezza e superficialità che per altro, ripetiamo proprio noi, la cui vita è come il fiore del campo splendido per un solo giorno prima di avvizzire, che il tempo passa. E così, ingannando un po’ noi stessi, solo perchéancora non siamo passati del tutto, ci consoliamo pensando che a passare sia il tempoe non noi. Infatti per ciascuno di noi c'è un passato più o meno lungo, che però non è più, o che resta solo nel nostro ricordo, nella nostalgia, nell’accettazioneo nel rifiuto che ne facciamo. Eppure non ci vuole molto per rendersi conto che, in verità, le cose stanno un po’ diversamente, anzi stanno esattamente al contrario. Perché nel passare del tempo ciò che non passa è proprio il tempo. E invece noi, lentamente e inesorabilmente passiamo! Anzi, proprio perché viviamo, corriamo sempre più concretamente e da vicino il rischio di passare e di essere dei trapassati. Noi finiamo un po’ alla volta, cioè un po’ ogni giorno. E così tutti i giorni della nostra vita ci appaionocome una benevola concessione, una sorta di proroga continuamente rinnovata e aggiornata, ma comunque a scadenza. Un giorno in più, e non ci vuole molta saggezza per ricordarselo, è sempre e matematicamente un giorno in meno rispetto al computo totale dei nostri giorni che, se è indefinon è però infinito. Disponiamo di poche certezze, tra le quali che i nostri giorni sono a termine e che la nostra vita finisce, perché ha una scadenza invalicabile.
Queste poche osservazioni sono sufficienti per rendersi conto di come qualunque considerazione sul tempo non può essere neutra in quanto ci riguarda sempre e tutti,e di come sia carica di risvolti esistenziali non indifferenti e prima o poi indifferiOgniconsiderazione sul tempo ci interpella profondamente in quanto comporta considerazioni globali sul senso o non senso della vita, sulla fragilità e la mobilità della nostra esistenza. Ne abbiamo dunque abbastanza per giustificare una fondata urgenza e necessità di riprendere e approfondire la riflessione sul tempo, a dispetto della tanta resistenza o ritrosia che ci accompagna nel considerare il suo, e soprattutto nostro, ineluttapassaggio. Preferiamo volentieri sorvolare su queste considerazioni, sia perché temiamo di impantanarci, ma soprattutto perché abbiamo sentore di naufragarvi. E poi che cosa ne sappiamo o ne possiamo dire senza fare illazioni? Ci basta sperimentare che questa impalpabile ed enigmatica esperienza del tempo, giorno dopo giorno, lascia dei segni indelebili, ci toglie tempo e dal tempo, perché ci consuma. Sulle sensazioni che l’accompagnano ognuno di noi si costruisce le sue convinzioni e le sue certezze. E nella maggioranza dei casi, sapendo che è impossibile attingere la verità, queste convinzioni ci devono bastare, per regolarci e viveD'altronde tutti dobbiamo fare di necessità virtù, non avendo assolutamente modo di scappare o di fare diversamente. E così ognuno considera il bagaglio di cui dispone: la sua esperienza, i suoi pensieri, le sue opinioni, le sue certezze, le sue convinzioni, ma anche i suoi dubbi, come se tutto ciò costituisse l’unica verità sul tempo.che cos’è il tempo? Ad una domanda tanto precisa non c’è un uguale e chiaro riscontro nelle risposte. C’è invece molto smarrimento e silenzio. Agostino, come e più di tanti altri, ha interpretato questo generaimbarazzo quando afferma: «Se nessuno me lo chiede, so esattache cosa sia il tempo, ma appena qualcuno me lo chiede allora non lo so più». Se vogliamo per un poco entrare nel contenuto e nel merito delle tante risposte che a questa domanda sono state date, è ricorrente osservare che esse vanno per direzioni opposte e a volte anche contraddittorie. Tendenzialmente si collocano a due estremi, perché oscillano tra una definizione che possiamo definire ‘oggettiva’ ed una ‘soggettiva’ del tempo; tra una visione ottimista ed una pessimista; tra una considerazione immanente ed una trascendente; tra una filosofia ed una teologia della storia. In sintesi queste differenti visioni si muovono o nella prospettiva della speranza o in quella della disperazione.
L’alternativa assoluta o l'apertura insperata?
Per un tema di riflessione tanto complesso, che già in partenza si mostra così sfuggente, siamo subito costretti a fare delle scelte di campo e delle precisazioni che vogliamo esplicitare in anticipo. Sempre in riferimento al dogma dell’Immacolata di cui stiamo trattando, ci soffermeremo a considerare solo quelle questioni della temporalità che ci sembrano funzionali alla impostazione e alla comprensione della nostra problematica. Seguendo questo criterio non tratteremo di tutta la complessità delle analisi, né di tutte le valutazioni che ognuna di queste questioni richiederebbe.proposito di queste differenti visioni del tempo, una prima alternativa tenta di rispondere alla domanda che cosa sia il tempo. Infatti, o lo si descrive come una semplice successione di tempi o lo si definisce in riferimento all'esperienza dell'uomo. Della prima prospettiva Aristotele ne ha proposto la definizione più stringata, ma anche più precisa, secui il tempo altro non è che «la numerazione del movimento secondo il prima e il dopo». Con questa definizione, ,egli inaugura tutti quei tentativi che pensano di poterne dare una descrizione oggettiva esauriente o che ritengono di potere riportare il tempo, in qualche modo, al suo collegamento conlo spazio che, da sempre, nella nostra vita, è categoria più familiare ed esperienza più addomesticabile. In questa visione il tempo è solo la misura convenzionale e prestabilita di un movimento preferibilmente circoe quindi ripetitivo. Null'altro che un orologio, sempre più preciso e solo per questo sempre più diverso: quanto bisogna aspettare perché l’ombra del sole si sposti sulla meridiana, peré le lancette facciano il giro sul quadrante, perché spunti il numero successivo sul display. Com’è evidente, in questa impostazione il tempo, considerato nella sua omogeneità ripetitiva, non fa problema. In quanto neutra misura oggettiva, ci permette, perché convenzionale, di regolarci su uno stesso parametro.
Il tentativo opposto, che per confronto possiamo definire soggettivo, è stato elaborato da Agostino. E giacché egli lega il tempo all'esperienza dell'uomo, ne viene data una definizione dal coneminentemente antropologico. Il tempo è una esperienza fondamentalmente umana. È appunto il proiettarsi, il dell'animaverso la temporalità e le sue dimensioni di passato, presente e futuro. E così con il ricordo ci proiettiamo, recuperandolo per mezzo della memoria, verso il passato. Viviamo invece il presente sempre fuggente in quella contemporaneità e inafferrabilità, per cui alla fine non disponiamo che di un istante che ne soppianta un altro. Enigma del tempo presente, che dura perché passa, che c'è perché se ne va o se ne è già andato, che in tanto possiamo viverlo in quanto non ci è permesso in nessun modo di riprenderlo, che possiamo cogliere perché si aggiorna in continuazione. Ma sempre per il protendersi del nostro animo in avanti, possiamo ugualmente vivere il futuro: tempo che ancora non c'è e che possiamo sperimentare solo nell’attesa. Per questo motivo il futuro è ancora più enigmatico. Di fatto non è stato mai presente e quindi, rigorosamente parlando, non è stato mai tempo. Piuttosto è una promessa di tempo o una prospettiva di futuro. Per questo motivo il futuro per noi non è esattamente il nulla o un tempo nullo. Assolve al contrario, quando lo consideriamo positivamente, un ruolo molto importante nel nostro progetto esistenziale. Infatti, al posto di lasciarci la sensazione di incompiutezza, che sempre ci accompagna, costitula dimora delle nostre proiezioni, delle nostre attese, la patria della nostra speranza, il sostegno alle nostre imprese. Ci viene dato nella successione e dunque nel futuro quello che ci sfugge nel presente. Se, invece, ne abbiamo una considerazione negativa, si configura come il baratro in cui, giorno dopo giorno, vengono inghiottite le residue risorse e speranze di cui ancora disponiamo.
Se di queste differenti concezioni del tempo, vogliamo ancheevidenziare i risvolti esistenzialiche ne riceviamo, non è difficile comprendereche non c'è tanto da rallegrarsi. La nostra esperienza è fatta di tempo ed è fatta nel tempo. Inizia, si svolge e si consuma nel tempo, e da ultimo butta fuori dal tempo. A considerare questa nostra condizione, non ci vuole molta saggezza per aderire alla logica elementare e impladel tempo, per cui ogni istante lo viviamo per la prima volta, per l'unica volta e l'ultima volta, senzapoterlo più recuperare. E così, come avviene in continuazione di ogni istante che passa per sempre, avviene del nostro tempo, di tutto il tempo e dunque della nostra e di ogni vita. Siamo completamente in balìa del tempo o di una nostra percezione della temporalità. Nella concezione oggettiva il tempo si mostra come durata, che scorre inesorabile e all'infinito. In quella soggettiva appare come tentativo di unificare la nostra vita, per raccogliere e custodire, dentro la fragile struttura della nostra consapevolezza, la successione che, irrecuperabile, sempre fugge e ci sfugge.
Per fare fronte alla temporaneità che incombe, dinanzi alla quale dire che è densità impalpabile, enigma, sfida e mistero profondo, è dire ancora veramente poco, gli uomini hanno cercato e trovato delle soluzioni, sia dal punto di vista speculativo che pratico. Alcune sono improntate alla speranza, altre alla resa mesta e incondizionata, altre ancora alla leggerezza o alla negazione pura e semplice del problema.
Quelle che fanno riferimento alla distrazione, al , al , inteso nella sua versione godereccia e più spensierata, esprimono già una filosofia di vita molto elementare e facilmente comprensibile. Essa invita ad approfittare, con ingordigia e in tutto, del presente, perché del domani non c'è certezIn questa incompleta rassegnadelle diverse posizioni,quelle che si ispirano a questo criterio di vita, anche se hanno molti seguaci convinti, le abbiamo solo accennate per concentrare la nostra analisi sulle altre concezioni. Infatti, ci soffermeremo a considerare quei tentativi di soluzione un po’ più articolati e soprattutto più pensati. Evidentemente non sono da porre tutti sullo stesso piano, perché ognuno ha un diverso spessore specuLi accomuna, però, la ricerca di una soluzione per domare la sorda e vischiosa resistenza del tempo, per lenire le sue lancinanti provocazioni, per attaccarne lo smalto inalterabile e trovare qualche terapia o consolazione al suo corso irrispettoso e devastante. Questi rimedi, che pure in questo caso procedono per direzioni opposte, e a volte hanno in comune una forte accentuazione ideologica, si muovono unanimemente nell'orizzonte della circolarità: o la circolarità del tempo, della durata, dei cicli e delle ere, oppure la circolarità degli uomini,delle presenze, degli individui che vivono nel tempo. E così, per recuperare il corso irrepetibile e irreversibile del tempo, nella prima soluzione ritornano gli avvenimenti, si ripresentano le stesse condizioni storiche, nella seconda ritornano gli uomini, ritornano a vivere un’altra volta, ma ammaestrati dalle precedenti esperienze.
La prima prospettiva si muove in una analisi della temporalità che, procedendo per tempi, per ere, aspetta che il tempo passato con tutto quello che è avvenuto, prima o poi ritorni per essere meglio sfruttato. Così quello che accadenon avviene per una sola una volta, ma infinite volte in un eterno ritorno del tempo e dunque di tutto e di tutte le possibilità. Secondo le varianti di questo modello circolare della temporalità, ci potrà essere o un decadere dall'età dell'oro per ere successive sempre più buie fino a toccare il fondo o un progresso ascendente fino ad un suo culmine, da cui prenderà nuovamente avvio tutto il processo. Normalmente questo processo è visto in maniera alternativa sia a scendere sia a salire, sia come regresso, sia come progresso. In questo modo a scadenze ritorna lo stesso scenario storico, lo stesso contesto temporale, ma con protagonisti diversi, con altri attori. Essi, però, possono meglio orientarsi facendo della storia precedente una saggia maestra di vita e dell’esperienza degli altri un comprovato punto di riferimento.
La seconda prospettiva, seguendo al contrario un altro modello ermeneutico, lascia fluire all'infinito il tempo, gli avvenimenti, i fenomeni, i fatti che in esso si svolgono e pensa che invece ritornino gli uomini. Il nucleo di questa posizione è espressa, nella sua elaborazione più puntuale, dalla dottridella reincarnazione. L’uomo dunque non vive soltanto una vita, ma tante, addirittura infinite, dove appunto gli sarà possibile recuperare quello che nell'istante gli sfugge e così portare a termine il cammino di purifidi maturazione e di perfezionamento che altrimenti resterebbe incompleto. Percon una memoria più o meno labile, più o meno capace di ricole circostanze storiche già vissute, o con la coscienza, a volte chiara e a volte confusa, di avere vissuto una o tante altre vite precedenti, l'uosarebbe salvato in una vita successiva dai fallimenti senza appello, della prima volta e del, che invece offre il vivere la vita una sola voltaLa prima prospettiva affida alla ripetizione dei fenomeni, la seconda a quella degli uomini, la possibilità e la responsabilità di gestisuperandola e riscattandola, la sorda quanto ingestibile vischiosità del tempo.
In queste ermeneutiche della temporalità, ciò che emerge dal loro confronto è uno stesso punto di partenza, gestire l’irreversibilità del tempo, ma una diversa alternativa per quanto riguarda la soluzione, come recuperare e migliorare il passato o il già vissuto. Esse sembrano essere guidate dalla logica dell'aute dal ritmo esclusivo, come se non ci fosse tra loro nessuna possibilià di incontro. Le soluzioni che propongono perseguono, però, la stessa finalità. Entrambe si muovono in direzione del superamento della drammaticità e caducità con cui altrimenti è compresa e vissuta la temporalità e gli avvenimenti che in essa si svolgono. Infatti, l’intento che le accomuna e le muoveè quello di tentare un riscatto, a partire dalla convinzione che il tempo deve essere un’opportunità e non una condanna.
Il paradosso di un avvenimento che redime il tempo
L’invincibile resistenza del tempo, che la concezione della circolarità, sia dei fenomeni sia degli individui, tenta di scalfire, può apparire senza soluzioni. Nonostante tutto, non è facile abbandonare la sensazione che nel tempo, il nostro desiderio di vita, di saggezza e di perfezionamento piuttosto che trovare accoglienza e piena realizzazione, venga invece perentoriamente interrotto. Pertanto le soluzioni o le astuzie messe in campo, dalle più sincere a quelle più ideologiche, dalle più sofiste alle più sofisticate, per tentare di attraversare indenni l'invisibile barriera della temporalità, rischiano sempre o dieludere il problema o di illudersi di averlo risolto.
Contro gli schemi più semplicistici che ermeneutici della temporalità, bisogna ribadire e ripartire dall’irreversibilità inarrestabile del tempo. Esso scorre all'infinito e indefinito, in maniera unidirezionale e non circolare, per cui una retta e non un cerchio ne sono la rappresentazione grafica più fedele. Se una soluzione si può rintracciare essa è da fondare sicuramente sul nostro modo di inserircie di sentire il tempo, malegato non solo o non tanto ad una nostra scelta arbitraria quanto ad un diverso modo di comprendere l’essere del tempo. Significa che il tempo può avere, e di fatto ha, una diversa consistenza da quella che apparentemente mostra. Esso si presta all’uso che noi ne facciamo e dunque alla possibilità di viverlo sia rimanendovi del tutto dentro e prigionieri, siaandando oltre il suo corso e la sua schiavitù.
Nel rispetto di questa evidenza, e comunque dentro l’enigma che il tempo ci propone, il cristianesimo sulla scia della tradizione ebraica ha del tempo una concezione altamente positiva, perché crede che ci sia un evento che l’ha redento e continua a redimerlo. Per cui il riscatto della temporalità, paradossalmente, nasce dal di dentro dello stesso tempo. Secondo questa visione, è da un accadimento interno alla temporalità che si sprigiona l’efficacia terapeutica del tempo e di tutti i tempi. In forza di un evento le lacerazioni inferte dal tempo sono state sanate. Per questo evento la sincronia e la diacronia degli avvenimenti, la coniugazione del tempo in passato, presente e futuro, invece di rimanere in alternativa, trovano una loro riformulazione e comprensione, con un movimento diconvergenza verso un centro di unità.
Ma la proposta cristiana sul tempo, e le relative e conseguenti ermeneutiche, appaiono articolate e sfaccettate, in quanto tentano di affrontare, con impostazione innovativa e nel suo complesso, la problematica. Siamo in presenza di una struttura e di una strutturazione completamente rinnovata della temporalità. Infatti, siamo in presenza di una riformulazione e ricomprensionenon soltanto di ciò che è il tempo, ma pure della sua origine, del suo corso e del suo termine. Alcuni temi nuovi, ma anche indispensabili, per entrare in questa nuova concezione della temporalità sono: la dottrina della creazione, il mistero dell'incarnazione di Cristo nello spazio e nel tempo, l'apertura escatologica della storia, l'attesa della Parusia, la ricapitolazione finale di tutto in Cristo e in Dio.
Seguiremo nelle sue linee principali come si articolano gli elementi essenziali di questa differente concezione.Essi, poi, ci aiuteranno a capire qual è il sostrato culturale e credente dentro il quale il dogma dell’Immacolata concezione di Maria si colloca. La creazione, come evento atemporale che sprigiona l’essere per la potenza della Parola sovrana di Dio, ha dato origine non soltanto alle cose, ma con queste ha mesin moto la durata ed ha dato pure origine al tempo. Pertanto l’atto della creazione è atemporale, in quanto non avviene in un tempo dato che abbia un passato, mentre il creato è tutto temporale, perché fatto nel tempo e soprattutto di tempo. La creazione è dunque la spiegazione credente sulla questione dell'origine del tempo, del divenire, della storia: dentro la quale e per mezzo della quale Dio, al momento opportuno, opera le sue meraviglie per la salvezza degli uomini. In base a questo siamo orientati a registrare una distinzione nella considerazione del tempo. Il tempo come semplice durata, passaggio e divenire, e il tempo come occasione favorevole, come opportunità preziosa, come congiuntura favorevole. Il tempo non è tutto uguale, non è semplice quantità, ma è qualitativamente diverso. Il tempo non è solo diverso per quello che vi accade dentro, ma perché è diverso permette l’accadere di avvenimenti particolari.
Potremmo, per caratterizzare questa differenza, utilizzare anche una distinzione terminologica, indicando la prima tipologia di tempo come kr?nos.Questo termine serve a designare il tempo inteso nella sua omogeneità ripetitiva, nella sua oggettià, nel suo scorrere sempre uguale a se stesso. Kr?nos è il tempo degli avvenimenti e della cronaca, ne è come un supporto, un contenitore neutro. Secondo questa concezione il tempo non condiziona gli avvenimenti che in esso vi si svolgono, né al contrario gli avvenimenti modificano la struttura della temporalità. Dobbiamoaccostare questo concetto di tempo alla definizione che ne ha dato Aristotelequando ne parlava come semplice misura del movimento. Il tempo è la misura mentre in esso gli avvenimenti ne sono il movimento.
Ma questa visione della temporalità non è quella che hanno gli Ebrei e di seguito i Cristiani, perché non è la concezione di tempo che emerge dal testo della Bibbia. Prima gli Ebrei, con la concezione di una storia santa, opera della mano di Dio, e ancora di più i cristiani con la fede nell’incarnazione storica del Figlio di Dio, si muovono in una concezione di tempo nuova e ancora di più altra. Infatti dentro questa storia, con l'incarnazione del Signore Gesù, è venuto l'Eterno. È venuto ed è avvenuto qualcosa che ha cambiato in tutto la storia e tutte le storie. Questo evento ha cambiato la storia fin nella sua più intima struttura. Ed ha anche cambiato il senso di tutte le storie che in essa ci sono state, ci sono e ci saranno. L’incarnazione è l'evento che ha modificato per sempre il tempo e ne continua a cambiare il corso. Che ne ha mutato sostanzialmente l'ordito e la tessitura, che assegna una collocazione e un senso inedito agli avvenimenti, sia che li prendiamo singolarmente, sia che li assumiamo nella loro totalità. Per questo evento il tempo e la storia non sono più gli stessi, in quanto quell'evento è paradossale per sua natura. È soprannaturale e naturale insieme, in quanto ha reso natura e quindi concreto e storico, quello che non lo era.
Questo evento è anche centro e centrale nella storia, anzi ne è il vero ed unico centro ed in più centripeto e centrifugo. L’efficacia di ciò che è accadutoin quel tempo è per tutto il tempo e per ogni tempo in particolare. Quell’evento è come un zampillo nella storia, che si espande irrorando dall’inizio alla fine tutto quanto il corso della storia. Dall’interno stesso della storia ha impregnato ogni cosa di sé.E così il tempo che lo precede non solo ne è una lunga preparazione ed attesa, ma beneficia, in precedenza, della sua efficacia. Quello che lo segue esplicita il suo contenuto di salvezza, lo estende e lo rende sempre più manifesto. Da questa venuta nella carne, e dunque nella storia, di Dio, il tempo della durata è stato investito da un traumatismo profondo che ne ha interrotto il corso. L’omogeneità, a sua volta, è stata completamente accantonata e non può essere intesa come ermeneutica fedele di nessun tempo, sia precedente che seguente all'incarnazione di Gesù Cristo nella storia degli uomini. Di conseguenza, alla luce di questa venuta, è richiesta una diversa ricomprensione della temporalità, perché è il suo stesso statuto che è stato completamente trasformato. Il tempo dell'incarnazione, infatti, non spunta senza preparazione o maturazione di tutta quanta la storia, al contrario ne è il culmine, il momento apicale, attraverso un processo lento e costante che dura da sempre e che parte dall’origine. D'altronde Dio giunge nella storia solo quando scocca la pienezza, il compimento e la compiutezza del tempo. Perché quel temnon è un momento qualunque, non è kr?nos, è tempo particolare, sounico nella storia, è tempo alto e di altra qualità, è kair?s, anzi è il kair?s per eccellenza. Con l'incarnazione del Figlio di Dio nella ferialità della storia, la tempoà è stata redenta dalla sua ferialitàed ha ricevuto il suo, altrimentiimpossibile, riscatto. Anzi, non solo è stata redenta, ma pure glorificata in tutte le sue sfumature.
Ma se non si vuole mortificare la valenza di questo evento singolare, bisogna aggiungere che il kair?s dell'incarnazione non ha redento solo il presente: ha riin uguale misurail passato, come pure orienta diversamente lo svolgersi stesso del futuro. In considerazione di ciò il dibattito precedente che, nel contesto di millenarismi più o meno apocalittici, era incentrato sulla del tempo, è stato allargato e rovesciato. Centrale, per il cristianesimo, non è solo o non è tanto il problema della fine del tempo, quanto quello finedel tempo. Esattamente ciò che avviene quando la fine del tempo è essa stessa legata ad un suo compimento finale, sicuramente positivo per tutti e per tutto. La fine del tempo in quanto fine è intesa come una finalità ultima, come una meta definitiva, un traguardo che non è distruzione, ma realizzazione, inveramento ditutto quanto l’ha preceduto. E che la finalità del tempo abbia un suo collegamento non occasionale, ma un suo fondamento e collocamento nello svistesso del mistero della incarnazione, lo ricaviamo dalla dottrina della Parusia. Essa afferma che alla fine il Signore ritornerà, perchéegli non solo è venuto e viene, ma che da ultimo verrà a coronamento della storia e del suo misterioso e, a volte, indecifrabile percorso.
Anzi sarà proprio la sua venuta escatologica, il suo ultimo avvento, cioè la sua Parusia, che fisserà la fine del tempo e ne mostrerà il fine profondo e salvifico, che sempre ha avuto. La fine come fine non sarà distruzione, ma perfezionamento, salvezza, redenzione radicale e definitiva di tutto l’uomo e di tutti gli uominie anche dell’intero cosmo. La fede nella Parusia del Signore ci assicura che nulla resterà fuori da questa restaurazione in Cristo. Egli, signore della storia, alfa ed omega, principio e fine di tutte le cose, ricapitolerà ogni cosa in sé e gli conferirà quello splendore per cui è stata creata. Sarà il tempo in cui l'Agnello, immolato e ora vittorioso, inaugurerà cieli nuovi e nuova terra, la Gerusalemme del cielo sostituirà quella della terra, la città di Dio quella degli uomini e il tempo si perfezionerà nell’eternità.
Main quella condizione di ricapitolazione finale in cui regnerà completamente l'Agnello, non ci sarà più bisogno né di luce di sole, né di luce di lampada, ma neppure di tempio e di tempo. Alla luce di questa insospettata redenzione del tempo, non sarà più necessario affrontare e risolvere gli enigmi della temporalità o postidalla temporalità, perché essi diventeranno, anche per noi, cifra manifestadi altra positività e di positività veramente altra e feconda.
Primo tra tutto sarà ricompreso il riferimento temporale degli avvenimenti, l'attribuzione, il riferimento stesso di ciò che accade al tempo. Verrà pienamente illuminata la paternità degli eventi della storia, che non sono da ricondurre solamente all'uomo, ma in senso proprio pure e principalmente a Dio. E così la storia, in quanto tale, diventa la mediazione privilegiata della sua salvezza, ancora più efficace e più fondamentale di quella dello spazio. Per cui se la vita dell'uomo è sempre iscritta nelle coordinate dello spazio e del tempo, noi al posto di sentirci prigionieri e schiacciati dal tempo che passa, confessiamo una storia santa ed un tempo da intendersi come salvezza.
Certamente questa nuova concezione della temporalità, richiede di riflesso una profonda conversione nel modo di intenderlo e spesso di subirlo. Il passaggio del tempo allora non ci toglie soltanto tempo, per cui alla fine ce ne ritroviamo definitivamente fuori, non ci toglie gli anni e la vita, non ci toglie le cose belle che non torneranno più. Semmai prepara e realizza misteriosamente tutto questo, inverando e trasfigurando ogni cosa. Qui siamo al centro e alla manifestazione del mistero, al centro di quel paradosso redentivo del tempo che è l'inspiegabile e insperato riscatto del passaggio del tempo che a noi appare irrecuperabile. Tempo che, nella sua corsa e nel suo corso di maturazione, è stato trasfigurato dall'incarnazione del Figlio di Dio. ?sper eccellenza che ha ormai caricato il tempo e ogni tempo, sempre e codi salvezza e di speranza. Salvezza e speranza che da un tempo dato, quello della venuta del Redentore, come da sua sorgente sorpassa e riempie di sé ogni momento e tutto il tempo.
Per questa riformulazione della temporalità noi siamo contemporanei di quell'evento e quell'evento è contemporaneo di ogni uomo. La diacronia e la sincronia, poste sempre in alternativa, trovano invece una reciproca inclusione ed una differente sutura. Inoltre questa lettura della temporalità ci permette, a partire da una prospettiva di fede e da una differente prospettiva epistemologica, di avere sia una filosofia sia una teologia della storia. Di avere cioè un punto di vista immanente alla storia, ma anche un più ampio orizzonte che la trascende. Per la filosofia della storia noi siamorivolti a comprendere maggiormente il passato. A cercare propedeuticità, sviluppo, maturazione, tra gli avvenimenti, e a ritrovare ancora punti di convergenza, fatti nodali, omogeneità tra gli eventi passache, ad uno sguardo retrospettivo e alla luce di una considerazione più globale, possono essere accostati e collegati, diversamente e più compiutamente di quando sono stati vissuti.
Una filosofia della storia, che si mantiene nei limiti delle sue possibilità, può solo essere una riflessione pensatae sensata sul passato. Quando, invece, si spinge verso previsioni future, soprattutto lontane o escatologiche, si avventura in un campo che di per sé non le appartiene ed in più non le compete. Almeno nella misura in cui questi avvenimenti futuri non sono prevedibili a partire dai fatti del presente o non vi sono iscritti in maniera germinale. Perché sul futuro pesa sempre l'incognita che esso possa essere, come di fatto accade, del tutto imprevedibile e senza nessuna continuità con il presente. La filosofia della stoè il tentativo umano di considerare ragionevole la storia, rintracciando le possiconnessioni causali tra gli eventi che in essa si svolgono. È il tentativo di razionalizzarla, passando dal caso alla causa. Ammesso che sia possibile farlo, e che siano esatte le connessioni indicate, la filosofia della storia è comunque segnata da un limite da cui non può liberarsi,e che pertanto la ridimensiona e la riconduce sempre ad essere una semplice considerazione parziale della storia. Questo limite si esprime sotto la forma di un'alternativa. O considerare i fatti del presente, e dunque il presente, come il tempo decisivo per capire il passato e tutto il tempo, oppure quello di considerare ininfluente, perché predeterminato e già precostituito e fissato lo svolgimento del futuro. Nel primo caso il futuro non ha nulla da dire di nuovo, perché non ha nulla da aggiungere, nel secondo caso il futuro è sotto il segno del determinismo e non della libertà. Qualunque sia l'aspetto vero di questa alternativa, in ogni caso, la pretesa di una filosofia della storia viene ridimensionata e viene ricondotta ad essere quello che èe può essere: una considerazione sempre parziale e provvisoria che ad ogni istante può venire del tutto ribaltata dall’imprevisto ed imprevedibile.
La teologia della storia invece procede da un punto di vista trascendente sulla storia. Essa ci offre una lettura della storia come rivelaziocome apertura di senso, come collegamento di fatti che, in nessun modo, ci sarebbe possibile ritrovare. Essa ci fornisce un coordinamento di tutta la storia verso una sua ultima finalità che non è assolutamente possicostruire con la semplice somma degli avvenimenti.La teologia della storia ci permette di leggere lo svolgimento degli avvenimenti a partire dalla fine e dal fine del tempo. E così quello che accadrà ci permette di meglio capire, o di capire, quello che altrimenti non ci è assolutamente possibile comprendere. Secondo questa prospettiva è l'unità riassuntiva e conclusiva di tutta la storia che ci permette di rintracciarne le vestigia sia nel passato sia nel presente. È ancora la possibilità di un’intelligibilità superiore, di un punto di vista più alto, più vero e più globale rispetto al nostro punto di osservazione. È pertanto la possibilità di cole parti a partire dal tutto, i frammenti a partire dalla globalità, e non viceversa. È la concezione che ci permette di cogliere il senso degli avvenimenti a partire dalla fine e non dalla semplice analisi dei dati. È, come si può ben vedere, la prospettiva di accogliere un dono,rispetto al quale si può rimanere scettici e diffidenti o rispetto al quale è possibile ricevere un’apertura di senso in una prospettiva di libertà e di speranza.
Dal punto di vista epistemologico questa nuova concezione della temporalità la si può assumere unicamente come un dato di fede e dunqueinutilizzabile su un piano esclusivamenteimmanente. Ma la si può anche assumere come un’apertura altra da pensare. Sicuramente che dà a pensare oltre gli schemi dentro i quali, alla fine, ci muoviamo. La fede è sicuramente un dono, ma può essere ugualmente assunta come un dato, che sollecita un’originalequanto autentica avventura di pensiero. Rispetto a questo dono o a questo dato, siamo chiamati necessariamente a prendere posizione. E rispetto al quale, per teoria o per pratica, consapevoli o inconsapevoli, una volta per sempre o infinite volte, prendiamo posizione.
Maria è prima e dopo
Su questa trama di un tempo considerato come altro e altrimenti, pensiamo si debba collocare, perché si possa meglio comprendere, il contenuto di salvezza e di redenzione storica espressa dal dogma dell’Immacolata. Vogliamo semplicemente accennare, dal punto di vista della temporalità sulla quale stiamo riflettendo, come una dottrina della giustificazione in Cristo di tutto e di tutti, e dunque anche di sua madre Maria, risulti incomprensibile e contraddittoria, se non si tiene presente questa diversa concezione del tempo. Esattamente ciò che accade nella storia della salvezza, che si svolge tutta sulla trama di un tempo aperto, sia verso il futuro, come è facile comprendere, ma pure verso il passato, affermazione che invece ci risulta difficile anche solo pensarla. Infatti, la storia della salvezza organizza sempre gli eventi salvifici dentro un tempo inclusivo di tutto e di tutti.
Maria, in questa storia inventata da Dio per una volontà di salvezza universale, è la madre di quel Figlio suo che, però, l’ha resa santa ed immacolata. E se nel piano di Dio, Maria era eletta e predestinata in Cristo Gesù ad essere, come tutti, santa ed immacolata al suo cospetto nella carità (cf. Ef 1,4), storicamente però suo Figlio l’ha resa tutta piena di grazia con quell’opera di redenzione accaduta nel tempo e culminatacon la morte in croce e la risurrezione. Maria è veramente «vergine madre figlia del suo Figlio» ed è ugualmente santa ed immacolata nel e per il suo figlio Gesù. Senza questo suo collocamento nella storia e senza questo suo collegamento al suo figlio Gesù, la sua vicenda terrena, come quella di tutti gli uomini, resta incomprensibile. Ma resta ugualmente incomprensibile sia l’opera per cui lei è immacolata da sempre e per sempre in quanto preservata anche dal peccato di origine, sia quella per cui tutti gli altri uomini sono salvati e redenti dal peccato e dai peccati.
Questo significa che Maria è e , prima come madre, dopo come redenta. Non a caso Maria, con il suo essere, la sua presenza, il suo posto nella storia della salvezza è, con uguale verità, legata e slegata dal tempo. Infatti chiunque è in questa storia, come qualunque cosa accade in questa storia, ha un legame ed un significato storico, ma ne ha anche un altro che possiamo chiamare metastorico, in quanto sorpassa e informa di sétutto il tempo e tutti i tempi.
Non a caso Maria, salve tutte le precisazioni esegetiche ed ermeneutiche che bisogna premettere e rispettare, è presente o è presentata, almeno in prospettiva, al momento drammatico della prima caduta, di quel peccato d’origine, che tante conseguenze ha avuto per tutta la storia e in ogni storia (cf. Gn 3,15). Anzi, ogni qual volta l’orizzonte della speranza che Dio ha dato agli uomini ha rischiato, per le vicende storiche, di affievolirsi e soprattutto chiudersi, Maria è stata lì per riaprirlo (cf. Is 7,14). È stata presente come segno positivo di Dio ad ogni snodo cruciale della storia. Non un segno qualunque, ma come il segno per eccellenza, ed in più continuamente riproposto. Quel segno che Dio stesso ha voluto ribadiredentro ogni rifiuto dell’uomo, sia per tenere aperto il corso della storia, sia per tenere desta nel cuore degli uomini la fiducia in Dio.
Anche l’ultima chiusura della storia, così come ce la presenta per immagini il libro dell’Apocalisse, è sotto il segno ed è pure nell’immagine di una donna vestita di sole (cf. Ap 12,1). E sebbene questa grandiosa visione lapossiamo riferire anche a Maria, o la possiamo riferire a lei solo per estensione, ma per tutto quello che l’immagine può almeno evocare, non fa che chiudere questo cerchio, in cui il suo esserci nella storia della salvezza, si dischiude come presenza amica e continua. Maria è al centro di questa storia nell’incarnazione, è all’inizio al momento della caduta, è e sarà pure alla fine, al termine di quel confronto vittorioso con il male, per mettere in salvo, come madre, ogni uomo suo figlio.
Ma nella storia della salvezza questo prima-e-sempre-dopo, di chiunquerispetto a Cristo, non è un caso isolato, quanto una costante. Perché Gesù Cristoè sempre colui del quale si può e si deve dire, rispetto a tutto e a tutti: «Ecco l’uomo di cui io dissi: Colui che viene dopo di me mi è passato avanti, perché era prima di me» (Gv 1,15). Per questo suo essere e passare davanti a tutti, la storia ha avuto e avrà un corso di salvezza e di redenzione. Questo fa si che Egli ci conosca e ci chiami prima di chiunque, perché ci conosce e ci chiama nel tempo, in quanto ci ha chiamati e ci ha conosciuti fin dall’origine (cf. Gv 1,48).
Nella storia della salvezza, Maria ha assolto il ruolo diintrodurre Cristo nel tempo econ questo lo ha messo in riferimento a noi. Infatti, «quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio nato da donna» (Gal 4,4). Questa coniugazione temporale dell’esperienza del Cristo, ha pure declinato il suo essere figlio e fratello di ogni uomo. Pertanto Egli è l’i-genito del padre, nell’eternità; ma è anche il genito di ogni creatura nel tempo, e per realizzare tutto questo egli è anche nella storia. E così, quando Dio Padre, nella pienezza del tempo, «introduce il primogenito nel mondo» (Eb 1,6)egli nasce da Mariadonna. Ma quella donna che lo accoglie come figlio nel tempo è stata preparata e preservata per il Figlio e dal Figlio fin dall’eternità. Senza questo andirivieni dal dopo al prima, per cui spesse volte ciò che viene dopo è anche prima e lo trasforma, non è possibile entrare nella comprensione di quel che accadde e accade nella storia della salvezza. E così il passaggio dal dopo al prima, che nella nostraconcezione di tempo è impercorribile, nella storia della salvezza si rivela, invece, quale vero volto salvifico del tempo.
Per cui tutto quello che avviene in questa storia non sarà prigioniero del tempo più di quanto non sia libertà rispetto ad esso; non sarà mai semplice ricordo senza essere vera presenza; non sarà mai solo attesa senza già essere anticipo e realizzazione. Per questo la giustificazione, la redenzione, il riscatto, la santificazione e la divinizzazione dell’uomo, come la ricapitolazione del cosmo in Cristo, che secondo l’espressione della nostra logica temporale si svolge nel tempo e soprattutto si compirà al finire di tutto, in Maria invece tutto questo è stato anticipato. In lei l’essere santa ed immacolata è stato anticipato ad un prima, cheè constitutivamentelegato ad un dopo,al ?sdella storia che è l’incarnazione, al ?sche è Cristo,al ?sdel suo amore che per amore ha fatto meraviglie per sua madre e per tutti noi. Maria, allora, per Cristo, con Cristo ed in Cristo è santa ed Immacolata nel tempo e nell’eternità. Ma l’Immacolata concezione della Madre di Dio indica ad ogni uomo e a tutta la Chiesa quel che potevamo essere e che, per il peccato e i peccati, non fummo enonsiamo, ma ancora di più indica quel che per Cristo Gesù, per il suo amore e il suo dono, potremo essere e saremo. E così anche in noi e in tutto, l’efficacia potente della sua redenzione, avrà ragione del nostro e di tutto il peccato e, almeno alla fine, noi pure saremo purificati per essere santi e immacolati al suo cospetto nell’amore.
Consumati e salvati dal tempo
Al termine di queste rapide considerazioni sul tempo, è apparso chiaro che siamo invitati a fare una scelta. Perchéa suo riguardo siamo di fronte a due concezioni diametralmente opposte, che permettono un doppio ordine di considerazioni e di conseguenza ci introducono a viverlo e sperimentarlo o come distruzione o come salvezza. Da una parte, istruiti dalla nostra esperienza, siamo quasi costretti a temerlo perché ci consuma, dall’altra siamo invitati a sperare nella salvezza che ci porta. Per questo motivo, qualunque riflessione sul tempo a partire dal nostro punto di vista che ci sta dentro,è incompiuta, come è incompiuto il tempo stesso. Come non possiamo abbracciare mai per inil tempo della nostra vita, così non lo possiamo neppure comprendere con la nostra mente, perché il tempo sfugge a qualsiasi determinazione che pretenda fissarlo.
Con la temporalità noi abbiamo l'esperienza di una fine sicura, ma anche di un'apertura continua e all'infinito. Ci siamo talmente dentro, ne siamo talmente compresi e compressi che rischiamo ad ogni istante di esserne gettati fuori. Siamo in suo potere e alla deriva, legati al suo corso e alla sua corsa. Rispetto al tempo non avremmo veramente nessuno scampo se il tempo stesso, per chi crenon fosse stato redento fino al punto da diventare non solo certezza di morte, ma avvenimento di salvezza ed evento di vita. E questo rende, per ragioni opposte ai credenti e ai non credenti, veramente misteriosa e affascinante la nostra esistenza. Siamo fatti di tempo più di quanto non pensiamo o più di quanto possiapensare. E proprio per questo non sappiamo esattamente di che cosa siamo fatti, perché mentre siamo consumati dal tempo siamo anche introdotti, e fin da ora, nell’eterno.
Per lo stesso motivo mentresentiamo il peso della nostra condizione e del nostro limite guardiamo pure, sotto il segno della speranza, che Maria concepita senza peccato ci presenta, l’efficacia, perché gratuità, di quella redenzione che, nel fluire del tempo, attaccherà vittoriosamente il male dovunque si trova. Il prima e il dopo, con la sua ferrea necessità, appartiene altempo del nostro peccato, ma non alla libertà e liberalità del tempo della salvezza. Ancora una volta, per nostra fortuna e a nostra salvezza, il tempo dell’uomo e il tempo di Dio, non sono la stessa cosa. Questa è l’unica via che resta alla realizzazione di quel progetto per cui Dio, prima della creazione del mondo, ci ha predestinati tutti ad essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità. Il dogma dell’immacolata concezione della Vergine Maria ci richiama nel fluire del tempo, e dunque nel presente di ogni storia, quello che tutti siamo chiamati ad essere. Quello sarà il nostro vero e ultimo futuro, anche se l’interferenza della nostra libertà, mentre dura la presente condizione, ne può intralciare il corso e la piena realizzazione. Ma forse proprio per questo Maria Immacolata è, in ogni tempo e per il tempo, il segno grande e l’anticipotangibile di questo sogno, la cui realizzazione se può sfuggire all’uomo non certo può sfuggire e sfuggirà a Dio.