DAL BISOGNO DI GUARIGIONE AL DONO DELLA SALVEZZA
Itinerario ecclesiologico: Lectio Divina di Gv.6,59-70
Messaggio nel contesto.
La palla passa ora ai discepoli. Prima erano i Giudei che mormoravano e
litigavano sul pane di vita(vv.41.52).Ora, dopo che Gesù si è pienamente
rivelato, parlando di sé come pane disceso dal cielo(vv.32-47) e invitando a
mangiare la sua carne e bere il suo sangue per assimilarsi a Lui e vivere del
suo amore verso il Padre e i fratelli,trova il muro dell’incredulità non solo
presso i Giudei, ma anche preso i discepoli. Sono come colti da una crisi, che
porta molti ad allontanarsi da Lui. Dono di Dio e incredulità dell’uomo, hanno
sempre camminato insieme e nella storia dell’antico Israele, e nella storia
personale, e nella storia della Chiesa. E il bivio si ripropone sempre
allorché la posta in gioco è il dono di sé, è dare la vita. In fondo
la caduta di Adamo nel giardino, l’idolatria di Israele nella terra
promessa che cosa non sono se non il voler possedere, trattenere per sé,
rifiutandosi di credere al dono e alla gratuità di Dio? Può sembrare strano, ma
a volte l’incredulità avviene dopo un certo cammino di fede e se non subentra
un processo di conversione rischia di sfociare nell’idolatria che è il vero
peccato: il rifiuto di accettare l’Amore di Dio, sostituendolo con l’amore di
se stessi. Gesù, dopo aver suscitato tanto entusiasmo, ha deluso le varie attese
messianiche, coloro che si aspettavano un re potente, glorioso, sempre
vittorioso. Non è solo un fatto storico, questo, ma anche un ammonimento per la
comunità cristiana:si può essere affascinati dalle sue opere, ma non accogliere
il dono della sua persona ed essere così apostati,lontani da Lui. Addirittura
il tradimento serpeggia tra i Dodici (vv.64b.71)Giuda rappresenta per la
comunità, la possibilità terribile e oscura dell’incredulità. Tutto il brano è
un dialogo serrato tra Gesù e i suoi, messi in crisi dal fatto che il pane di
cui si vive è la sua carne per la vita del mondo.(v.51) La salvezza dell’uomo,
passa attraverso la croce del figlio dell’uomo! Neppure Pietro l’ha accettata
(Mc.8,31-33;Mt.16,21-23) e nessuno dei discepoli l’ha capita.(Lc.9,44s;Lc.18,31-34)
Lo scandalo che ha colpito i discepoli davanti alla predizione della passione,
continua anche davanti alla carne da mangiare e al sangue da bere ed è lo
stesso che colpisce anche noi davanti alla Eucaristia. Mangiare la sua carne e
bere il suo sangue ci assimila a Lui, ma non solo nel rito, soprattutto nella
vita: tutti veniamo assimilati a Lui in un modo o in un altro, nei propri
percorsi esistenziali. Due sono le resistenze che troviamo: Gesù, innanzitutto,
non realizza, ma capovolge i nostri sogni messianici,dall’altra noi siamo
chiamati ad essere come Lui, ad essere ciò che noi ci rifiutiamo di essere. Il
sudore di Gesù in croce era solo paura? Sia per i Giudei che per noi,sia per i
discepoli che per i Dodici,la croce è il fallimento estremo. Invece del Messia
glorioso,che ha in mano tutto e tutti, Gesù si mette nelle mani di tutti,come
il pane. Invece di dominare si pone a servire e la sua realizzazione è la sua
uccisione, in cui offre la vita per amore. Qui sono in gioco due concezioni opposte
di Dio e di uomo. Noi, come Adamo, vorremmo essere come dio, sul quale
proiettiamo il nostro egoismo, con la brama di avere, di potere, di apparire.
Lui, invece ha il volto dell’amore, è condivisione, servizio e umiltà. Noi
vorremmo un dio a immagine e somiglianza della nostra carne, insufficienza in
cerca di autosufficienza;siamo invece salvati se la nostra carne diventa
immagine e somiglianza della sua vita,che è dono di sé fino alla morte. La
carne del figlio dell’uomo che tanto ci scandalizza,lungi dal contraddire la
sua origine divina,la rivela totalmente nel suo farsi dono d’amore, per la
salvezza di ogni carne. La comunità cristiana, pertanto, è la comunità di
coloro che vivendo uniti a Cristo mangiano la carne del figlio dell’uomo e ne
bevono il sangue, facendo attenzione di vivere il dono d’amore, all’interno di
relazioni d’amore, che testimonino a tutti il senso di quel pane disceso dal
cielo per la vita di tutti. Nessuno può pensare di vivere l’Eucaristia
all’infuori di un contesto comunitario, perché la salvezza è per tutti, per la
trasformazione di tutti gli esseri, del mondo intero, del quale ognuno di noi
partecipa. Ma ciascuno ha bisogno anche della sorella e del fratello per essere
sostenuto nella fede e nell’amore, perché il rischio della incredulità, che si
esprime in tante forme, è sempre dietro l’angolo.
Esegesi
v.60: allora molti dei suoi discepoli. Prima erano i Giudei, ora sono i suoi
discepoli,distinti dai Dodici, a non accogliere la sua Parola. Alla fine ci
sarà anche uno dei Dodici. Prova la stessa resistenza colui che sta davanti
alla Eucaristia senza comprendere ciò che celebra. Dura è questa parola:la
durezza sta nella sua Parola o nel cuore che non la accoglie?
v.61: Gesù conosciuto in se stesso. Gesù conosce la nostra reazione in se
stesso, prima ancora della nostra parola(cfr. salmo 139,4). Il Figlio conosce
bene l’incredulità dei fratelli, proprio per questa è venuto a guarirli. Questo
vi scandalizza? E’ lo scandalo della croce. Essa per il mondo è stoltezza e
debolezza, naufragio di ogni speranza. Per Dio è la forza e la sapienza massima
dell’amore. E’ comunque importante avvertire lo scandalo per superarlo!Chi non
lo avverte, non capirà mai la novità assoluta che sta davanti a sé.
v.62: se vedeste il Figlio dell’uomo salire dove era prima? Prima il figlio
dell’uomo era in cielo, presso Dio da dove è venuto. La sua discesa è la sua
venuta tra noi, il suo farsi carne. La sua salita, è il suo ritorno, la sua
glorificazione. Ma vi è prima la salita della croce, lì avverrà il suo
innalzamento.
v.63: lo Spirito è colui che dà vita, la carne non giova a nulla. La vita viene
dallo Spirito, non dalla carne, che è viva solo per mezzo dello Spirito. Ma
legando il versetto a quello precedente, possiamo anche dire che dopo la sua glorificazione
Gesù dona lo spirito. Gesù non può darci lo spirito, senza prima aver dato la
vita per noi. "Se il chicco di frumento non muore, non porta
frutto" (Gv.12,24)
v. 64: Vi sono alcuni che non credono, Gesù conosceva dall’inizio..Spesso Gv
sottolinea questa sapienza di Gesù che conosce le persone e poiché qui sta
parlando ai discepoli, egli si riferisce non all’incredulità del mondo, ma a
quella dei suoi, della Chiesa. Si può infatti celebrare l’Eucaristia e non
riconoscere il corpo di Cristo, perché il nostro agire è opposto al
suo.(1Cor.11,20-22). Si può essere discepoli a parole, senza credere alla
Parola, senza credere alla parola della croce che ci salva, si può addirittura
stare alla mensa e tradirlo. Eppure il Signore ci ha chiamati e amati ugualmente,
pur sapendo quello che siamo.
v.66: da questo momento molti dei suoi discepoli. Molti suoi discepoli, non
solo alcuni(v.64) non credono, perché trovano dura e scandalosa la Parola. Si
tirano indietro, cambiano marcia, direzione. Si allontanano da Cristo, dalla
luce e tornano nelle tenebre. Questa crisi colse molti di quelli che all’inizio
lo seguirono con entusiasmo,fino a quando videro che non realizzava le loro
attese.La stessa crisi, inavvertitamente, prende ogni discepolo,che non vive
ciò che celebra nella Eucaristia. L’Eucaristia può essere un puro fare memoria
del Signore, senza fare oggi ciò che Lui ha fatto. Per questo Gv. anzichè
raccontare l’istituzione della Eucaristia, propone il testo della lavanda dei
piedi, per far capire le estreme conseguenze di quel banchetto.
vv.67-69: Gesù disse ai dodici…Rispose Simon Pietro:Signore da chi andremo? I
Discepoli sono distinti dai dodici e forse Gesù vuole provocare anche in loro
una sana crisi di coscienza. Pietro, a nome di tutti, risponde con la fede:
nessuno ha parole come quelle di Gesù, nessuno ci ha presentato una vita tale
in parole e opere, nessuno come Gesù ci ha svelato Dio e il suo amore. Eppure
sappiamo il percorso della fede di Pietro…
v.70. non ho scelto io voi, i dodici? Eppure uno tra voi è un diavolo. E
infatti è possibile che anche tra noi si faccia spazio l’incredulità. In noi
convivono Pietro e Giuda,la fede e l’adesione alla sua Parola, ma non la
traduzione esistenziale di essa. Ma proprio per questo abbiamo bisogno di Gesù,
egli infatti non è venuto per i sani, ma per i malati.
Alcune riflessioni
Il discorso del pane di vita trova sempre presenti molti interlocutori, che a
volte sono folla, a volte sono i discepoli, a volte gli apostoli. Non è mai un
discorso rivolto a singoli, ma a tutti, nella dimensione della unione, della
comunione. Chiamati ad assimilarci a Cristo, i credenti nel mangiare la carne e
bere il sangue, formano una cosa sola. Come il pane e il vino formano la
totalità della persona di Gesù, come la manducazione forma unità con la
persona, così l’Eucaristia forma l’unità della comunità, costituisce la
Chiesa.(nn.22-23 del doc. La chiesa vive dell’Eucaristia:Ecclesia de
Eucaristia).
Nella partecipazione al Banchetto eucaristico, vita e rito sono strettamente congiunti
e sono legati insieme dal filo rosso dell’amore. La vita rimanda alla
Eucaristia, l’Eucaristia rimanda vita.Quel pane dato e vino donato è la vita di
Cristo per la salvezza del mondo.Il vero soggetto della Eucaristia è il popolo
di Dio,popolo pellegrinante nel tempo.
Tale comunione ecclesiale deve essere così forte, da costituire un’unica
persona: la Sposa.
Celebrando l’Eucaristia si celebra un banchetto di nozze. Cristo è lo Sposo, la
Chiesa è la sposa. Il Cristo che dona tutto se stesso per amore, è l’immagine
di Dio Padre che ha scelto gli uomini come suoi interlocutori in un rapporto di
Alleanza e di impegno che non cesserà. La profonda unione che deve legare i
membri di una comunità esprime così la saldezza e la forza di questo Sposo che
non cessa mai di amare la Sposa, anche se infedele. Ognuno capisce quali
possono essere le conseguenze di questa visione eucaristico ecclesiale per la
vita coniugale e per la vita in famiglia al cui centro vi deve essere il
continuo, mai esaurito e inesauribile amore dei vari membri fra loro. Ma
l’Eucaristia è il pane di vita per la salvezza del mondo. Nutrendosi di questo
pane, la Chiesa fa propria, assimila anche la missione di Cristo che è quello
di essere segno di amore universale, della universale salvezza del Padre. Una
Chiesa, proprio perché celebra l’Eucaristia, non potrà mai essere la Chiesa di
pochi, di un gruppo, solo di credenti e praticanti, ma sarà la Chiesa di tutti,
dell’intero popolo di Dio. Non sono i tempi, innanzitutto a chiedere una
conversione pastorale delle comunità cristiane, ma l’Eucaristia che esse
celebrano.
PER LA RIFLESSIONE PERSONALE
Eucaristia e unione personale con Cristo: in quali aspetti di me
stessa/o mi sento assimilato a Cristo che si consuma, che si dona, che si
spezza, che non si risparmia?
Eucaristia e Comunione: sono persona di comunione nella mia comunità cristiana?
Come esserlo,da dove partire?
Eucaristia e unione reciproca: in che senso la partecipazione alla Eucaristia
contribuisce ad essere sempre più e sempre meglio un cuor solo e un’anima sola?
A lavorare per l’unione, la comunione all’interno della famiglia o del gruppo o
della comunità?
Eucaristia e missione: in che senso l’Eucaristia mi invia, mi manda, mi
coinvolge nella
missione della Chiesa? Mi sento missionario perché cristiano e cristiano perché
persona eucaristica?
Alla luce del mistero Eucaristico che è mistero di fe de, di comunione,
di partecipazione ad una sola speranza e carità, provate a disegnare il volto
di una Chiesa che da una parte intenda essere fedele al mandato ricevuto dal
suo Signore, e sappia fondere in unità la diversità dei doni e dei carismi e
dall’altra intenda essere aperta alle istanze degli uomini di oggi e della
storia. Fedele ad uno stesso tempo al Vangelo e all’uomo.
p. Roberto Zambolin