Esercizi-testo5 - Il Mondo di Aquila e Priscilla

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DAL BISOGNO DI GUARIGIONE AL DONO DELLA SALVEZZA

Itinerario eucaristico: Lectio Divina di Gv.6, 51-58

Messaggio nel contesto.

Nell’itinerario eucaristico, trova compimento quanto abbiamo meditato negli itinerari precedenti. Tutti gli elementi della vita che si dona, dell’acqua che disseta, della luce che fa vedere trovano la loro spiegazione nella Eucaristia, pane che si fa carne per la vita dell’uomo. Mangiare la carne e bere il sangue, è espressione primitiva se vogliamo, tipica del linguaggio semitico che nella crudezza dice a quale grado di assimilazione di Cristo, è chiamato il credente. Mangiare la carne e bere il sangue, significa mangiare e bere il Figlio di Dio, sino a vivere per Lui. Mangiare, infatti, è assumere, mettere dentro, assimilare il cibo. Credere in Gesù, aderire a Lui, amarlo, significa "mangiarlo"L’uomo diventa ciò che mangia, o meglio, ciò che ama. Il Figlio di Dio ci ha amati, fino ad essere divorato dal suo amore per noi(cfr.2,17) e diventare figlio dell’uomo innalzato. Noi, amando e mangiando Lui,diventiamo figli di Dio. Vi sono due livelli di lettura del testo biblico di oggi.Il primo livello di lettura, per quanto scandaloso, è comprensibile anche per gli ascoltatori di Gesù.Affermando che Lui è il pane di vita, e che la sua carne è la vera manna del nuovo esodo, Gesù si attribuisce le prerogative della Parola. Si rivela così come il compimento di ciò che l’Esodo e l’Alleanza e, ancor prima la creazione, significano:il disegno di Dio di comunicare la sua vita all’uomo. Mangiare e assimilare Lui,Figlio amato dal Padre che ama i fratelli,è la nuova legge. A chi non crede che Lui possa dare vita eterna perché è uomo, risponde che proprio la sua umanità è rivelazione definitiva di Dio. Per questo, chi non accetta Lui,non compie le opere di Dio e non riceve la vita. Il secondo livello di lettura è trasparente a noi:si tratta di una vera e propria Omelia sulla Eucaristia. La sua carne non è metaforica: è realmente il suo Corpo dato per noi. Chi mangia la sua carne, pane vero e si alimenta di Lui,riceve il dono supremo di Dio. IL corpo e il Sangue del Figlio, lo mette in comunione di vita con Lui e con il Padre. Giovanni non racconta la istituzione della Eucaristia,preferisce invece far comprendere il mistero profondo: parlando di carne e di sangue, allude alla croce,dove Gesù darà il suo corpo e verserà il suo sangue. Proprio la sua umanità dona all’uomo ciò di cui tutto è segno: Dio stesso come dono di sé. Per essa entriamo in comunione con il Figlio di Dio che è diventato figlio dell’uomo. Ogni altro pane è simbolo di questo, che è la realtà. Per questo prendiamo ogni briciola di pane,ogni realtà per quanto piccola,come segno d’amore del Padre, rendiamo grazie a Lui e condividiamo con i fratelli,facendo circolare in tutto e per tutti la vita del Figlio. L’Eucaristia è davvero salvezza nostra e del mondo intero. Infatti ci rende figli nel Figlio, in comunione con il Padre, con i fratelli,con tutto il creato.

Esegesi

v.51: la carne di Gesù, la sua umanità, offerta sulla croce come dono totale di amore, è l’epifania, la manifestazione di quel Dio che nessuno ha visto. In Lui la Parola è diventata carne,perché la carne stessa diventi Parola,racconto di Dio, presenza del suo Spirito che anima il mondo.

v.52: i Giudei litigavano: come può costui darci la sua carne da mangiare? Se nel v. 41 i Giudei mormoravano, ora litigano in modo più vivace. Il tutto è proporzionato alla profondità del discorso di Gesù. Egli è Parola e carne,Dio e uomo. La salvezza viene dal fatto che lui è insieme Figlio dell’uomo e Figlio di Dio. Solo chi mangia questo vero pane per il cammino del proprio esodo,solo chi si ciba di questo agnello,esce dalla schiavitù e cammina verso la piena libertà. Mangiare la carne e bere il sangue richiama la vita, quella vita consumata in croce, da dove scaturisce il sangue dell’Agnello che salva dalla morte.(Es.12,13). Il sangue per i semiti è la vita, e la vita appartiene a Dio. Per questo è vietato bere il sangue. Chi beve il sangue ha la stessa vita di Dio, ha la sua identità. Chi mangia la carne e beve il sangue, partecipa alla vita trinitaria del Padre e del Figlio.

v.54: chi mastica la mia carne: Gesù ribadisce: Lui e solo Lui dona la vita eterna. Qui il termine greco mangiare significa " masticare, triturare con i denti". La sua carne va mangiata in modo da essere bene assimilata, in modo da riceverne tutta l’energia vitale. Queste espressioni, per quanto crude,sono comprensibili agli ascoltatori di Gesù, come metafore del credere in Lui, inviato dal Padre per darci la Parola di vita. Per il cristiano, invece, sono pienamente trasparenti: nella Eucaristia, mangiamo e beviamo del Figlio,siamo veramente divinizzati(1Gv.3,1a) Come il pane dà a chi lo mangia la vita fisica,il Figlio di Dio dà a chi lo mangia la sua vita: già nel momento presente lo fa vivere del suo amore eterno per il Padre, che si rivela a noi in quello che ha verso i fratelli. E io lo risusciterò nell’ultimo giorno: Gesù ribadisce che il dono del Figlio non è solo vita eterna al presente, ma anche Risurrezione nel futuro. La vita eterna consiste nel vivere da figli amando il Padre e i fratelli, con un amore più forte della morte. Questo amore è pegno di risurrezione nell’ultimo giorno: " Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita se amiamo i fratelli"(1Gv.3,14a). Infatti se è vero che chi non ama rimane nella morte(1Gv.3,14b) è altrettanto vero che chi ama non rimane nella morte, perché dimora in Dio che è Amore.(1Gv.4,8b)

v.56: dimora in me ed io in Lui. Il frutto del mangiare e bere Lui è il dimorare nostro in Lui e suo in noi. Dimorare in…significa comunione di vita.L’amore,infatti, non è mai confusione che annulla le persone, né un sopprimere l’uno l’altro.E’ invece comunione fra due che restano distinti. Qui si parla di reciproco dimorare dell’uno nell’altro: amare significa accogliere l’altro in se stesso, farsi sua casa. Questa è la presenza reale dell’uno nell’altro, nell’amore reciproco.

v.57: io vivo grazie al Padre. Gesù, il Figlio amato e inviato ai fratelli,è tutto dal e del Padre: vive grazie a Lui,di Lui e per Lui. Egli è venuto a comunicarci,come nostra vita, questa sua relazione con Lui,che è la sua essenza di Figlio.

v.59: queste cose disse in sinagoga, insegnando a Cafarnao. Alla fine si dice il luogo della Rivelazione. Questo pane, lo si capisce nella sua concretezza e nel suo significato, nella sinagoga di Cafarnao, dove si ascoltava la Parola di Dio, vita dell’uomo.

Considerazioni:
Vi è un rapporto molto stretto tra dimensione pasquale e dimensione eucaristica.(v.51.v.58)
1. Un rapporto così stretto che gli abitanti di Cafarnao rifiutavano di mettere in relazione quel pane con la carne di Gesù. Anche oggi vi è questa difficoltà: come tradurre in rito significativo, tale che incida nella vita, l’evento centrale della Pasqua? L’uomo contemporaneo, poi, sembra vada perdendo la ritualità della vita. Quali surrogati di essa ha trovato nelle mode e nelle esaltazioni di massa? Vi è poi la pratica cristiana, con le sue derive: ci assale il ricordo delle molte Messe partecipate con noia, che non sono state un segno trasparente. C’è chi va alla Messa perché si è sempre fatto così, chi partecipa quando se la sente, chi cerca di personalizzare questo gesto, attraverso surrogati che non sono capaci, però, di introdurre al Mistero della Cena. Sarà l’amicizia, l’impegno sociale, il gruppo, il movimento, una parrocchia particolarmente viva, che ci daranno l’impressione di una messa diversa….E’ quasi se come noi cambiassimo la Messa, mentre è l’Eucaristia che deve cambiare noi.E’ solo misurando la sua capacità di introdurci al senso del gesto del Signore, che anche i segni troveranno la loro vivacità, misura e verità. E se fosse invece la nostra vita vissuta alla luce del mistero pasquale e quindi in chiave di morte e risurrezione come dono a Dio e ai fratelli, a dare senso al sacrificio eucaristico come singoli e come comunità? E viceversa, ovviamente. Come il dono totale che Cristo ha fatto di sé, è da collocare all’interno della sua vita, è importante collocare il sacrificio eucaristico in rapporto all’intera vita cristiana.
2. La lettera enciclica di Giovanni Paolo II, parla di Eucaristia come sacrificio di morte e Risurrezione, di vero banchetto, nell’attesa della sua venuta,nel legame con la comunione dei santi,e con il nostro senso di responsabilità verso la terra presente.

PER LA RIFLESSIONE PERSONALE

1.Quali situazioni della mia vita hanno più chiaramente carattere di mistero pasquale perché in esse è presente la croce di Cristo? Come dovrà essere l’attesa della Risurrezione, della vita nuova?
2.Quale rapporto tra Pasqua, vita, rito eucaristico?
3.Le mie celebrazioni domenicali: come vi partecipo, come le vivo, quale incidenza hanno sulla vita personale, di coppia, della mia famiglia? Come mi o ci prepariamo?
4. Che importanza attribuisco al rapporto Domenica giorno del Signore ed Eucaristia? Eucaristia e "ultimo giorno", Eucaristia e beata speranza?
Sono molti gli elementi che accomunano l’Eucaristia e la nostra quotidianità: Eucaristia come sacrificio, Eucaristia come dono e offerta della vita, Eucaristia come condivisione, Eucaristia come comunione. Qual'è il rapporto tra ritualità liturgica e ritualità esistenziale? Che significa assimilarci alla umanità di Cristo, dopo esserci assimilati al segno del pane?

p.Roberto Zambolin

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