DAL
BISOGNO DI GUARIGIONE AL DONO DELLA SALVEZZA
Itinerario eucaristico: Lectio Divina di Gv.6, 51-58
Messaggio nel contesto.
Nell’itinerario eucaristico, trova compimento quanto abbiamo meditato negli
itinerari precedenti. Tutti gli elementi della vita che si dona, dell’acqua che
disseta, della luce che fa vedere trovano la loro spiegazione nella Eucaristia,
pane che si fa carne per la vita dell’uomo. Mangiare la carne e bere il sangue,
è espressione primitiva se vogliamo, tipica del linguaggio semitico che nella
crudezza dice a quale grado di assimilazione di Cristo, è chiamato il credente.
Mangiare la carne e bere il sangue, significa mangiare e bere il Figlio di Dio,
sino a vivere per Lui. Mangiare, infatti, è assumere, mettere dentro,
assimilare il cibo. Credere in Gesù, aderire a Lui, amarlo, significa "mangiarlo"L’uomo
diventa ciò che mangia, o meglio, ciò che ama. Il Figlio di Dio ci ha amati,
fino ad essere divorato dal suo amore per noi(cfr.2,17) e diventare figlio
dell’uomo innalzato. Noi, amando e mangiando Lui,diventiamo figli di Dio. Vi
sono due livelli di lettura del testo biblico di oggi.Il primo livello di lettura,
per quanto scandaloso, è comprensibile anche per gli ascoltatori di
Gesù.Affermando che Lui è il pane di vita, e che la sua carne è la vera manna
del nuovo esodo, Gesù si attribuisce le prerogative della Parola. Si rivela
così come il compimento di ciò che l’Esodo e l’Alleanza e, ancor prima la
creazione, significano:il disegno di Dio di comunicare la sua vita all’uomo.
Mangiare e assimilare Lui,Figlio amato dal Padre che ama i fratelli,è la nuova
legge. A chi non crede che Lui possa dare vita eterna perché è uomo, risponde
che proprio la sua umanità è rivelazione definitiva di Dio. Per questo, chi non
accetta Lui,non compie le opere di Dio e non riceve la vita. Il secondo livello di
lettura è trasparente a noi:si tratta di una vera e propria Omelia sulla
Eucaristia. La sua carne non è metaforica: è realmente il suo Corpo dato per
noi. Chi mangia la sua carne, pane vero e si alimenta di Lui,riceve il dono
supremo di Dio. IL corpo e il Sangue del Figlio, lo mette in comunione di vita
con Lui e con il Padre. Giovanni non racconta la istituzione della
Eucaristia,preferisce invece far comprendere il mistero profondo: parlando di
carne e di sangue, allude alla croce,dove Gesù darà il suo corpo e verserà il
suo sangue. Proprio la sua umanità dona all’uomo ciò di cui tutto è segno: Dio
stesso come dono di sé. Per essa entriamo in comunione con il Figlio di Dio che
è diventato figlio dell’uomo. Ogni altro pane è simbolo di questo, che è la
realtà. Per questo prendiamo ogni briciola di pane,ogni realtà per quanto
piccola,come segno d’amore del Padre, rendiamo grazie a Lui e condividiamo con
i fratelli,facendo circolare in tutto e per tutti la vita del Figlio.
L’Eucaristia è davvero salvezza nostra e del mondo intero. Infatti ci rende
figli nel Figlio, in comunione con il Padre, con i fratelli,con tutto il
creato.
Esegesi
v.51: la carne di Gesù, la sua umanità, offerta sulla croce come dono totale di
amore, è l’epifania, la manifestazione di quel Dio che nessuno ha visto. In Lui
la Parola è diventata carne,perché la carne stessa diventi Parola,racconto di
Dio, presenza del suo Spirito che anima il mondo.
v.52: i Giudei litigavano: come può costui darci la sua carne da mangiare? Se
nel v. 41 i Giudei mormoravano, ora litigano in modo più vivace. Il tutto è
proporzionato alla profondità del discorso di Gesù. Egli è Parola e carne,Dio e
uomo. La salvezza viene dal fatto che lui è insieme Figlio dell’uomo e Figlio
di Dio. Solo chi mangia questo vero pane per il cammino del proprio esodo,solo
chi si ciba di questo agnello,esce dalla schiavitù e cammina verso la piena
libertà. Mangiare la carne e bere il sangue richiama la vita, quella vita
consumata in croce, da dove scaturisce il sangue dell’Agnello che salva dalla
morte.(Es.12,13). Il sangue per i semiti è la vita, e la vita appartiene a Dio.
Per questo è vietato bere il sangue. Chi beve il sangue ha la stessa vita di
Dio, ha la sua identità. Chi mangia la carne e beve il sangue, partecipa alla
vita trinitaria del Padre e del Figlio.
v.54: chi mastica la mia carne: Gesù ribadisce: Lui e solo Lui dona la vita
eterna. Qui il termine greco mangiare significa " masticare, triturare con
i denti". La sua carne va mangiata in modo da essere bene assimilata, in
modo da riceverne tutta l’energia vitale. Queste espressioni, per quanto
crude,sono comprensibili agli ascoltatori di Gesù, come metafore del credere in
Lui, inviato dal Padre per darci la Parola di vita. Per il cristiano, invece,
sono pienamente trasparenti: nella Eucaristia, mangiamo e beviamo del
Figlio,siamo veramente divinizzati(1Gv.3,1a) Come il pane dà a chi lo mangia la
vita fisica,il Figlio di Dio dà a chi lo mangia la sua vita: già nel momento
presente lo fa vivere del suo amore eterno per il Padre, che si rivela a noi in
quello che ha verso i fratelli. E io lo risusciterò nell’ultimo giorno: Gesù
ribadisce che il dono del Figlio non è solo vita eterna al presente, ma anche
Risurrezione nel futuro. La vita eterna consiste nel vivere da figli amando il
Padre e i fratelli, con un amore più forte della morte. Questo amore è pegno di
risurrezione nell’ultimo giorno: " Noi sappiamo che siamo passati dalla
morte alla vita se amiamo i fratelli"(1Gv.3,14a). Infatti se è vero che
chi non ama rimane nella morte(1Gv.3,14b) è altrettanto vero che chi ama non
rimane nella morte, perché dimora in Dio che è Amore.(1Gv.4,8b)
v.56: dimora in me ed io in Lui. Il frutto del mangiare e bere Lui è il
dimorare nostro in Lui e suo in noi. Dimorare in…significa comunione di
vita.L’amore,infatti, non è mai confusione che annulla le persone, né un
sopprimere l’uno l’altro.E’ invece comunione fra due che restano distinti. Qui
si parla di reciproco dimorare dell’uno nell’altro: amare significa accogliere
l’altro in se stesso, farsi sua casa. Questa è la presenza reale dell’uno
nell’altro, nell’amore reciproco.
v.57: io vivo grazie al Padre. Gesù, il Figlio amato e inviato ai fratelli,è
tutto dal e del Padre: vive grazie a Lui,di
Lui e per Lui. Egli è venuto a comunicarci,come nostra vita, questa sua
relazione con Lui,che è la sua essenza di Figlio.
v.59: queste cose disse in sinagoga, insegnando a Cafarnao. Alla fine si dice
il luogo della Rivelazione. Questo pane, lo si capisce nella sua concretezza e
nel suo significato, nella sinagoga di Cafarnao, dove si ascoltava la Parola di
Dio, vita dell’uomo.
Considerazioni:
Vi è un rapporto molto stretto tra dimensione pasquale e dimensione
eucaristica.(v.51.v.58)
1. Un rapporto così stretto che gli abitanti di Cafarnao rifiutavano di
mettere in relazione quel pane con la carne di Gesù. Anche oggi vi è questa
difficoltà: come tradurre in rito significativo, tale che incida nella vita,
l’evento centrale della Pasqua? L’uomo contemporaneo, poi, sembra vada perdendo
la ritualità della vita. Quali surrogati di essa ha trovato nelle mode e nelle
esaltazioni di massa? Vi è poi la pratica cristiana, con le sue derive: ci
assale il ricordo delle molte Messe partecipate con noia, che non sono state un
segno trasparente. C’è chi va alla Messa perché si è sempre fatto così, chi
partecipa quando se la sente, chi cerca di personalizzare questo gesto,
attraverso surrogati che non sono capaci, però, di introdurre al Mistero della
Cena. Sarà l’amicizia, l’impegno sociale, il gruppo, il movimento, una
parrocchia particolarmente viva, che ci daranno l’impressione di una messa
diversa….E’ quasi se come noi cambiassimo la Messa, mentre è l’Eucaristia che
deve cambiare noi.E’ solo misurando la sua capacità di introdurci al senso del
gesto del Signore, che anche i segni troveranno la loro vivacità, misura e
verità. E se fosse invece la nostra vita vissuta alla luce del mistero pasquale
e quindi in chiave di morte e risurrezione come dono a Dio e ai fratelli, a
dare senso al sacrificio eucaristico come singoli e come comunità? E viceversa,
ovviamente. Come il dono totale che Cristo ha fatto di sé, è da collocare
all’interno della sua vita, è importante collocare il sacrificio eucaristico in
rapporto all’intera vita cristiana.
2. La lettera enciclica di Giovanni Paolo II, parla di Eucaristia come
sacrificio di morte e Risurrezione, di vero banchetto, nell’attesa della sua
venuta,nel legame con la comunione dei santi,e con il nostro senso di
responsabilità verso la terra presente.
PER LA RIFLESSIONE PERSONALE
1.Quali situazioni della mia vita hanno più chiaramente carattere di
mistero pasquale perché in esse è presente la croce di Cristo? Come dovrà
essere l’attesa della Risurrezione, della vita nuova?
2.Quale rapporto tra Pasqua, vita, rito eucaristico?
3.Le mie celebrazioni domenicali: come vi partecipo, come le vivo, quale
incidenza hanno sulla vita personale, di coppia, della mia famiglia? Come mi o
ci prepariamo?
4. Che importanza attribuisco al rapporto Domenica giorno del Signore ed
Eucaristia? Eucaristia e "ultimo giorno", Eucaristia e beata
speranza?
Sono molti gli elementi che accomunano l’Eucaristia e la nostra quotidianità:
Eucaristia come sacrificio, Eucaristia come dono e offerta della vita,
Eucaristia come condivisione, Eucaristia come comunione. Qual'è il rapporto tra
ritualità liturgica e ritualità esistenziale? Che significa assimilarci alla
umanità di Cristo, dopo esserci assimilati al segno del pane?
p.Roberto Zambolin