Esercizi-testo17 - Il Mondo di Aquila e Priscilla

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LA CROCIFISSIONE DI GESU’
(quinta parte)
Lectio Divina di Gv.19,31-37
( Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto)

1. IL messaggio del testo

Con queste parole, Giovanni, il testimone di ciò che è stato compiuto, ci fa contemplare il crocifisso. “ Come Mosè innalzò il serpente nel deserto,così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo,affinché chiunque crede in Lui abbia la vita eterna”(3,14 e ss.). Siamo già all’alba della Risurrezione. Dopo la morte, si dice, non succede più nulla. La nostra vita torna alla terra. Ma Gesù non è morto: dopo essere stato innalzato, egli torna al Padre. Il suo compimento è per noi l’inizio della vita, l’inizio di tutto. Alla morte di Gesù, negli altri evangelisti c’è lo squarciarsi del velo del tempio (Mc.15,38) e il riconoscimento di Gesù come Figlio di Dio. (Mc.15,39;Mt.27,54) In Mt 27,51b -54, si parla anche di terremoto e di risurrezione dei giusti, mentre Lc.23,48 nota la conversione delle folle che assistono allo spettacolo della Croce.
Dopo essere stato innalzato sulla croce ma, contemporaneamente, alla gloria del Padre,(Fil2,9) inizia l’innalzamento dei discepoli suoi fratelli. Giovanni pone come fonte di questo, la contemplazione del trafitto. Il Figlio dell’uomo squarciato dalla lancia è l’apertura del cielo su ogni figlio dell’uomo (1,51) Attraverso l’apertura del suo fianco esce l’acqua che ci disseta, e il nostro desiderio di contemplazione dell’amore di Dio è appagato. Quello squarcio è l’apertura di Dio sull’uomo e dell’uomo sul mistero di Dio. Noi cerchiamo segni e prodigi per credere. Il prodigio più grande è quello di contemplare attraverso Cristo crocifisso trafitto, l’amore di Dio per noi. Il colpo di lancia, infatti, non serve ad accertare la morte di Gesù, già constatata a vista, ma produce una ferita dalla quale scrutiamo la sorgente dell’amore da cui noi veniamo, il sangue da cui nasciamo, l’acqua della vita di cui viviamo.
Qui i pagani non sono giudicati (mai lo saranno nei testi della passione) ma solo compresi dentro il piano di Dio; anch’essi sono, a loro modo e in prima persona, esecutori dei disegni di Dio (cfr.anche At.4,27;Ap.17,17) Lo hanno proclamato re, lo hanno intronizzato sulla croce, si sono spartite le vesti e sorteggiata la tunica. Ora lo trattano da “agnello pasquale”, al quale non verrà rotto alcun osso (v.36;Es.12,46Salmo 34,219) e fanno di Cristo il trafitto, dal quale nascerà la Chiesa con i suoi sacramenti e dal quale si riversa un mistero di grazia e di consolazione su quanti lo contemplano (v.37;Zc.12,10)
Lo squarcio del crocifisso corrisponde allo squarciarsi del velo del tempio ricordato negli altri Vangeli: abolendo ogni separazione, stabilisce comunione tra Dio e l’uomo. La lancia del soldato apre una porta di passaggio: da questa porta Dio esce verso l’uomo e l’uomo entra in Dio. Inizia la pasqua definitiva, la nuova creazione, l’effusione dello Spirito, le nozze eterne. Ciò che in Gesù è stato compiuto, verrà compiuto anche in noi., è il contenuto del nostro futuro e della nostra storia. Anche noi come Gesù siamo chiamati alla fede, battezzati in acqua e Spirito santo per dare la vita per i fratelli, per amare come Lui. Anche noi siamo chiamati, usciti del Padre, per essere mandati. Anche noi dobbiamo lasciarci squarciare il petto perché altri entrino nel mistero dell’amore misericordioso del Padre. Da quell’ora anche noi continueremo nel mondo la missione del Maestro, intesa come servizio e come accoglienza “in toto” dell’altro, camminando verso “l’ora” del nostro incontro definitivo con Dio:ora che deve compiersi in tutti, come in Lui e grazie a Lui. Ogni ferita, ogni volta che il nostro cuore o il nostro petto o altra parte di noi stessi verrà squarciato da qualche lancia, ciò dovrà essere il segno del nostro amore per Lui e per i fratelli. La nostra vita sarà così buona e bella se con la mansuetudine dell’agnello avremo offerto volentieri noi stessi per gli altri. “Fratelli, fate dei vostri corpi un sacrificio vivente, santo e gradito a Dio”(Rm.12,1)

2.Approfondimento del testo

v.31: allora i Giudei…….(cfr.v.42): siamo alla vigilia della Pasqua, quando l’agnello veniva immolato, e nel giorno di sabato non potevano rimanere esposti i condannati a morte, perché, essendo maledetti (Gal.3,13; Dt.21,22), rendevano impura la terra. L’evangelista sottolinea però il rapporto tra la crocifissione (immolazione di Gesù) e il quel sabato (era un giorno grande quel sabato) per farci capire che la Pasqua è Cristo, Lui è l’agnello che in quella Pasqua era stato immolato. Questo è il giorno della vera liberazione e della salvezza. Una annotazione: “affinché non rimanessero sulla croce i corpi” indica la solidarietà del Signore con quei corpi. Come ogni carne è destinata alla morte, così in virtù della risurrezione di Cristo è destinata alla vita.

v.32: i soldati spezzarono le gambe al primo e all’altro: I soldati spezzano le gambe all’uno e all’altro dei crocifissi con Cristo. Prima erano accanto a Lui (v.18) Ora Lui è andato a preparare loro un posto e li può ricever presso di sé, perché siano anche loro dove Lui è (14,3):presso il Padre Sono ancora vivi. Entreranno presso il Padre dopo che il fianco aperto del Figlio ne avrà dischiuso loro l’accesso.

v.34: uno dei soldati con la lancia forò il suo fianco: ovviamente nel racconto il colpo di lancia non è constatazione di morte, ma accanimento di violenza e odio gratuito. Come alla sua sete offrirono aceto e Gesù ne bevve offrendo lo Spirito, così ora, alla trafittura della lancia, più pungente dell’aceto, risponde donando acqua e sangue. All’odio mortale risponde con l’amore che dà vita, offrendo così la vita.

     
  • uscì subito sangue e acqua. Il Figlio “uscì” dal Padre, perché da lui uscisse sangue ed acqua.. Quel subito, ci fa capire che quel sangue e  quell’acqua, premevano per uscire.
             
v.35: chi ha visto ha testimoniato, e la sua testimonianza è veritiera e sa che dice il vero: l’autore del Vangelo qui, per la prima volta si presenta in terza persona, come il testimone dell’acqua e del sangue. Quello che ha visto è così importante, che lo testimonia per ben tre volte. Non si dice chi ha visto, ma ovviamente è il discepolo amato, perché solo l’amore sa capire il senso nascosto degli avvenimenti e i frutti dell’amore.

     
  • affinché anche voi crediate: è la prima volta che ricorre “il voi” dei lettori, destinatari della testimonianza (v.20,31). Dopo la morte di Gesù, anche il“voi “ dei lettori è chiamato a far parte del “noi”, di quelli che dicono: “Noi abbiamo conosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi”(1Gv.4,16). Questo “noi” abbraccia quanti hanno visto di persona o attraverso la testimonianza del Vangelo, la Gloria del Figlio.Ildiscepoloprediletto, diventa il prototipo di quanti hanno fatto di Cristo una esperienza visibile, concreta, l’esperienza di un incontro d’amore che porta i segni della croce, del trafitto. “ Ciò che era fin da principio,ciò che noi abbiamo udito,ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il verbo della vita, quello che abbiamo veduto e udito noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi”(1Gv.1,1-4)

v.37: guarderanno verso colui che hanno trafitto: questa citazione, presa da Zaccaria (12,10b, evoca la sorte del re Giosia, che aveva rinnovato il culto e la celebrazione della Pasqua (2Cr.35,1ss;2Re 23,21-30) Di lui è scritto: “ Prima di lui non era esistito un re che come lui si fosse convertito al Signore con tutto il cuore e con tutta l’anima e con tutta la forza, secondo la Legge di Mosè; dopo di lui non ne sorse uno simile(2Re,23-25). Eppure, nonostante fosse uomo giusto, Dio lo lasciò perire: trafitto da arcieri egiziani a Meghiddo, fu portato a morire a Gerusalemme(2Cr.35,23-25). L’uccisione di questo re, è il punto più inquietante della storia di Israele, come di ogni storia: è la sconfitta del giusto, del male sul bene. Pensando a lui, il profeta Zaccaria, parla della contemplazione di un trafitto, da cui si effonderà uno Spirito di grazia e di consolazione su tutti (Zc.12,1oa) E’ ciò che avviene nel Cristo crocifisso. Infatti questo trafitto è chiamato Figlio unico, primogenito(Zc.12,10c).
Giovanni convoglia l’occhio e il cuore del lettore, verso questa ferita per scrutare, capire quel colpo di lancia, da cui zampilla acqua e sangue. Se dal pozzo di Giacobbe, bevvero i padri e i loro armenti(4,12), da questa fenditura della roccia l’intero universo beve la vita del Figlio. Basta accostare ad essa la bocca:” O voi tutti assetati, venite all’acqua”. Forse, memori di Cristo in Croce e dell’immenso e sconfinato amore per noi, impareremo a capire che cosa significhi dare aceto a chi ci ama, ma impareremo anche che l’amore è più forte e più potente di ogni odio e di ogni male.

3. Alcuni spunti per la riflessione personale e la condivisione

Gesù è l’Agnello immolato….era grande giorno quel sabato……..La domenica è il giorno in cui nella chiesa Cristo si immola per noi, e noi facciamo memoria, anzi “memoriale “ della sua Pasqua. Quale significato ha avuto per me, in questi anni, la celebrazione personale e comunitaria del giorno del Signore ? Come mi preparo nell’arco della settimana al “Dies Domini”?
La missione che Gesù mi ha affidato nella Chiesa: chiamati per essere mandati
In che senso sono testimone della Redenzione? Chi mi accosta, chi accosta la mia comunità parrocchiale viene introdotto al mistero dell’Amore di Dio? Per testimoniare, bisogna vedere…e per vedere, bisogna amare.

p. Roberto Zambolin

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