Esercizi-testo16 - Il Mondo di Aquila e Priscilla

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LA CROCEFISSIONE DI GESU’
(quarta parte)
Lectio Divina di Gv. 19,28-30
( Tutto è compiuto)

1. Messaggio del testo.

Con la sua morte, Gesù non giunge alla fine della sua esistenza, ma al fine della sua esistenza. (Attenzione ai verbi greci nel testo! ). Dopo aver lasciato in eredità ai nemici veste e tunica,il discepolo alla Madre e la Madre al discepolo, dopo aver bevuto il nostro aceto ci lascia lo Spirito, il sangue e l’acqua. Alla fine della vita di Gesù, non vi è il grido di abbandono (Mc.15,34;Mt.27,46;salmo 22) o di affidamento al Padre (Lc.23,46;salmo 31,6), ma c’è l’annuncio “ E’ stato compiuto”. L’andarsene di Gesù, che culmina nel dono dello Spirito,è sotto il segno del compimento: tutto è consegnato e accolto. Fin dall’inizio del brano vi è la coscienza che ogni cosa è compiuta (28a), alla fine la proclamazione che ogni cosa è conclusa(30a) e nel mezzo la considerazione dell’evangelista che dichiara il compimento della Scrittura(v.28b). In greco compiere viene reso con due verbi simili (teleo e teleioo) derivanti dalla stessa parola (telos=fine), con il significato di condurre al fine, alla perfezione, al limite estremo. Il Figlio, terminato il suo cammino tra i fratelli, andandosene, porta a compimento, al fine l’opera per la quale era stato mandato: donare la vita, consumandola per i fratelli, testimoniando che tale è l’amore di Dio per noi, E questo lo fa “eis telos”, sino all’estremo limite, oltre il quale è impensabile andare, perché la vita del Figlio di Dio offerta sulla croce per amore dell’uomo, ha un valore illimitato.(13,1) Gesù ha vissuto l’amore alla perfezione, fin dentro la morte; ha deposto la sua vita a favore dei fratelli(10,18); consegnando poi il discepolo alla Madre e la Madre al discepolo, ci ha donato la reciprocità dell’amore. Di più non può darci:ci ha dato Dio stesso, che è amore reciproco tra Padre e Figlio. Questo è tutto, anche perché al di fuori di questo non vi è nulla!

2. Approfondimento del testo

v.28: dopo questo: Giovanni non dice.” Dopo queste cose”, ma “dopo questo”, mettendo ciò che segue in connessione con la scena precedente, sottolineandone la centralità, l’importanza. Così il compimento inizia da quell’ora in cui il discepolo prende la Madre di Gesù come sua Madre, diventandogli fratello. La scena che sta per narrare ci dice come si diventa suoi fratelli: il Figlio ha sete di darci lo Spirito, che ci fa vivere come Lui, che ci fa amare come Lui. Solo con il suo Spirito d’amore si può diventare suoi fratelli. L’ora in cui per Lui tutto è compiuto, per noi è il principio di tutto.

  • sapendo Gesù:     Gesù non subisce la passione, ne è un protagonista libero e cosciente.     Prima sa che tutto è compiuto, poi lo dice, infine lo fa. Egli è Parola e     fatto strettamente congiunti, anzi la Parola precede il fatto e torna a     lui dopo aver compiuto ciò per cui è stata mandata(Is.55,11)

             
  • che tutte le     cose già sono state compiute: il verbo “compiere” ripetuto al v.30,     richiama 13,1 dove Gesù,sapendo che era venuta la sua ora di passare da     questo mondo al padre,avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino     al compimento, fino al supremo compimento, li amò oltre ogni limite.     Adesso realizza quanto aveva significato nella lavanda dei piedi e nel     boccone dato a Giuda:(Gv.13,26) ci ama fino a diventare nostro     servo(schiavo) fino a consegnarsi a noi, per amore. Quel boccone sarà Lui,     pane eucaristico consegnato a noi peccatori; anche se nel cuore noi lo     rifiutiamo, anche se coltiviamo desideri di morte, Lui ci consegna     comunque se stesso, la sua vita. Solo satana può indurci a tradire quel     Cristo che, nonostante tutto, ci ama fino a rinunciare a se stesso

             
  • perché si     compisse la Scrittura: qui la parola “compiere”, nella versione greca, è     diversa dalla precedente, anche se deriva dalla stessa radice(telos): è     teleiòo invece che telèo. Generalmente Giovanni parla dell’adempimento     della Scrittura con il verbo “pleroo” (12,38;13,18;15,25;17,12;19,24.36).     Qui però non si tratta dell’adempimento di un passo della scrittura, ma di     tutta la Scrittura, annunciato in 7,38, quando il Figlio realizza     pienamente la volontà del Padre (4,34;5,36;17,4.23) La sua morte è il     compimento della Rivelazione.

             
  • ho sete: la sete,     bisogno più impellente della fame, è desiderio di acqua per la vita. Dio     ha sete di amore, ha sete di amarci . Il compimento della Scrittura nasce     dal desiderio ardente di amarci fino alla fine, dalla sete di amore per     noi. Di per sè l’espressione non è una citazione biblica. Molti salmi     parlano della nostra sete di Dio (Sal.42,2-3;63,2). Qui però, è Gesù che     dice: “Ho sete”, e pertanto si tratta della sete di Dio nei nostri     confronti, fonte per altro della nostra sete di Lui. E’ perché Lui ci ha     immensamente amato, che noi sentiamo sete e desiderio inquieto e mai     appagato di amarlo. Questa sete la placheremo solo in cielo, quando saremo     assieme a Lui! Questa sete di Gesù, richiama la sete al pozzo di Sichar:     era l’ora sesta e promette alla Samaritana fiumi d’acqua viva(4,10.14)     Richiama anche il grido di Gesù al tempio nell’ultimo giorno, il grande     giorno della festa.”Chi ha sete, venga a me e beva. Chi crede in me,come     dice la Scrittura, fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno”(7,37)     Questo fiume di acqua viva è proprio lo Spirito che i credenti riceveranno     quando Gesù avrà compiuto la sua missione. La sete di Gesù non è solo la     sete di uno appeso alla croce; è la sete di un Dio che tanto ha amato il     mondo,da dare suo figlio: è sete della nostra salvezza.

v.29: un vaso giaceva: è l’unico passo di Giovanni, in cui ricorre il termine “vaso”. Questo vaso che giace, richiama le idrie di pietra delle nozze di Cana (2,6) e quella abbandonata dalla samaritana al pozzo(4,28)

  • pieno di     aceto: il vino è segno di amore e di vita piena. L’aceto è vino andato a     male. Se a Cana il vino mancava, questo vaso è pieno di aceto. Alla     mancanza di amore, che rallegra la vita corrisponde la pienezza di odio.     L’uomo è un vaso sempre pieno o vuoto di odio o di amore. Questo vaso di     aceto è il calice che il Padre gli ha dato da bere, quello che gli offrono     i fratelli(18,11): per Lui è un vaso pieno di rifiuto, di furore, di     violenza ma per noi è pieno di salvezza (sal.75,9;116,13). Nel testo in     questione, per tre volte si parla di aceto e altrettante di “compiere.” Il     compimento delle Scritture consiste nel fatto che mentre Lui beve il     nostro aceto ci abbevera del suo Spirito: bevendo il nostro peccato e la     nostra morte,ci disseta del suo amore e della sua vita.

             
  • posta una     spugna piena di aceto attorno ad un issopo: se il vaso è il mondo pieno di     aceto, ciascuno di noi è una spugna piena dello stesso aceto. Non si     dice,infatti, nel testo chi compia il gesto: tutti noi e ciascuno. Come     più avanti non si dirà chi lo ha porto alla bocca di Gesù: tutti e     ciascuno!A Gesù viene dato da bere la pienezza del nostro male. Il gesto     di dargli aceto, potrebbe apparire un gesto di pietà, perché l’aceto è     bevanda dissetante. Ma il contesto con i termini sete e aceto, richiama il     salmo 69,22: “Hanno messo nel mio cibo veleno e quando avevo sete mi hanno     dato aceto”. Il gesto richiama l’offerta di odio e di morte verso Colui     che dà amore e vita. L’issopo, una canna in Mc.15,36 allude al sangue     dell’agnello che toglie il peccato del mondo. Lui è il vero agnello     pasquale , il cui sangue,asperso con issopo, risparmia dalla morte     (Es.12,22)

v.30: quando prese l’aceto: torna qui il verbo “lambano”=accogliere. Gesù accoglie l’aceto di cui è pieno il vaso dell’umanità, di cui è piena la spugna: beve la nostra vita andata a male. Al suo accogliere corrispondere il suo consegnarsi a noi nel dono dello Spirito. Accogliere non consegnarsi e consegnarsi non è accogliere? Gesù accetta attivamente la morte che gli diamo: per la terza volta si nomina l’aceto che noi gli porgiamo e che lui accoglie. Il Figlio disseta la sua sete infinita di amore accogliendo ogni male dell’amato. Che logica diversa dalla nostra che vorremmo i nostri amati sempre perfetti o sempre in forma nel restituirci l’amore che diamo!

  • è stato     compiuto: il verbo, come nel versetto 28, è al perfetto per indicare una     azione compiuta nel passato, ma i cui effetti durano ancora, permangono al     presente. L’espressione richiama il racconto della creazione, quando Dio     portò a compimento il cielo e la terra e ogni sua schiera (Gen.2,1) Il     verbo “compiere” è anche qui al passivo. E’ il “passivo divino”. Davvero     Gesù accettando la sua passione e la sua morte, compie l’opera da Dio,     rivelandosi Lui pienamente come Dio, ricreando quel mondo come Dio lo ha     pensato agli inizi, ma che l’uomo ha riempito di odio e violenza. Tutto è     compiuto è un grido di trionfo,di vittoria. Il Figlio ha compiuto la sua     missione: bevendo l’aceto ci ha amati fino all’estremo. Colui dal quale,     per il quale e in vista del quale sono state fate tutte le cose,ha portato     a termine la sua missione, ha svuotato l’universo dall’odio per colmarlo     del suo amore, ha bevuto la nostra morte per dissetarci della sua vita.

             
  • chinato il     capo: Gesù china il capo sulla Madre e sul discepolo, sulle donne e sui     soldati, su Gerusalemme e sul mondo intero. La morte di Cristo è il     chinarsi di Dio su ogni figlio dell’uomo.

             
  • consegnò lo     Spirito: Gesù non muore, non perde la sua vita, ma la ritrova nuova e     glorificata consegnandola al Padre per amore nostro, e consegnandoci lo     Spirito. L’amore è più forte della morte e si compie nel dono di sé.     Consegnare (in greco “paradidònai”) indica anche trasmettere, tradire. Al     nostro consegnarlo a morte, corrisponde il suo consegnarci la vita. Al     nostro tradirlo, lui tradisce il suo amore assoluto.
                                                               
3 Alcuni spunti per la riflessione personale e la condivisione

Vivere con fede è lasciare che Dio compia nella mia vita e nella mia storia la sua volontà. Lasciare che Dio ci riempia, in tutto, con la sua presenza. Per incontrarlo, è importante fare discernimento attraverso le Scritture. Le Scritture non solo ci narrano le meraviglie di Dio, ma ci aiutano a capire “come “ lui le porta a compimento. Anche in noi si deve compiere la sua Parola…come in Maria, con la prontezza e la disponibilità del “fiat” della Madre.
Vino e aceto. La vita ci viene data per gustarla, per viverla con gioia. A volte la percepiamo invece pungente e aspra come l’aceto che io mi dò, o che altri mi danno…….il crocifisso che riceve l’aceto per dare amore come mi parla, mi interpella?
Gesù china il capo e dona lo Spirito. Chinare il capo può indicare anche ricerca di affetto di conforto, di speranza, di consolazione, di misericordia….anche noi abbiamo sperimentato questo: che cosa ho trovato, su chi ho chinato il capo? Ho chinato il mio capo, come l’apostolo Giovanni sul petto di Gesù? Da chi mi sono fatto consolare, aiutare, confortare? Guardo anche dove sono fuggito nei momenti in cui ho sperimentato la vita come aceto……
Lo Spirito Santo e noi. Dio è sempre presente in noi con il dono del suo Spirito. Mi lascio guidare? Sono docile, aperto alla voce dello Spirito? Vi sono stati momenti in cui ho soffocato lo Spirito? Quali realtà, in me, hanno maggiormente bisogno di essere illuminate dallo Spirito?

4.Passi paralleli per continuare la meditazione personale e la condivisione

Salmo 69;42;63; Is.11,1ss; 55,1ss; Ger.31,31-34; Ez.36,26ss; 37,1-14; Gv.4,1ss; 7,37-39; 14,12-26; 15,26-27; 16,7-15; Gal.4,6s; Rm8,1-17

p. Roberto Zambolin

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