LA CROCEFISSIONE DI GESU’
(quarta parte)
Lectio Divina di Gv. 19,28-30
( Tutto è compiuto)
1. Messaggio del testo.
Con la sua morte, Gesù non giunge alla fine della sua esistenza, ma al fine
della sua esistenza. (Attenzione ai verbi greci nel testo! ). Dopo aver
lasciato in eredità ai nemici veste e tunica,il discepolo alla Madre e la Madre
al discepolo, dopo aver bevuto il nostro aceto ci lascia lo Spirito, il sangue
e l’acqua. Alla fine della vita di Gesù, non vi è il grido di abbandono
(Mc.15,34;Mt.27,46;salmo 22) o di affidamento al Padre (Lc.23,46;salmo 31,6),
ma c’è l’annuncio “ E’ stato compiuto”. L’andarsene di Gesù, che culmina nel
dono dello Spirito,è sotto il segno del compimento: tutto è consegnato e
accolto. Fin dall’inizio del brano vi è la coscienza che ogni cosa è compiuta
(28a), alla fine la proclamazione che ogni cosa è conclusa(30a) e nel mezzo la
considerazione dell’evangelista che dichiara il compimento della
Scrittura(v.28b). In greco compiere viene reso con due verbi simili (teleo e
teleioo) derivanti dalla stessa parola (telos=fine), con il significato di
condurre al fine, alla perfezione, al limite estremo. Il Figlio, terminato il
suo cammino tra i fratelli, andandosene, porta a compimento, al fine l’opera
per la quale era stato mandato: donare la vita, consumandola per i fratelli,
testimoniando che tale è l’amore di Dio per noi, E questo lo fa “eis telos”,
sino all’estremo limite, oltre il quale è impensabile andare, perché la vita
del Figlio di Dio offerta sulla croce per amore dell’uomo, ha un valore
illimitato.(13,1) Gesù ha vissuto l’amore alla perfezione, fin dentro la morte;
ha deposto la sua vita a favore dei fratelli(10,18); consegnando poi il
discepolo alla Madre e la Madre al discepolo, ci ha donato la reciprocità
dell’amore. Di più non può darci:ci ha dato Dio stesso, che è amore reciproco
tra Padre e Figlio. Questo è tutto, anche perché al di fuori di questo non vi è
nulla!
2. Approfondimento del testo
v.28: dopo questo: Giovanni non dice.” Dopo queste cose”, ma “dopo questo”,
mettendo ciò che segue in connessione con la scena precedente, sottolineandone
la centralità, l’importanza. Così il compimento inizia da quell’ora in cui il
discepolo prende la Madre di Gesù come sua Madre, diventandogli fratello. La
scena che sta per narrare ci dice come si diventa suoi fratelli: il Figlio ha
sete di darci lo Spirito, che ci fa vivere come Lui, che ci fa amare come Lui.
Solo con il suo Spirito d’amore si può diventare suoi fratelli. L’ora in cui
per Lui tutto è compiuto, per noi è il principio di tutto.
- sapendo Gesù: Gesù non subisce la passione, ne è un protagonista libero e cosciente. Prima sa che tutto è compiuto, poi lo dice, infine lo fa. Egli è Parola e fatto strettamente congiunti, anzi la Parola precede il fatto e torna a lui dopo aver compiuto ciò per cui è stata mandata(Is.55,11)
- che tutte le cose già sono state compiute: il verbo “compiere” ripetuto al v.30, richiama 13,1 dove Gesù,sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al padre,avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino al compimento, fino al supremo compimento, li amò oltre ogni limite. Adesso realizza quanto aveva significato nella lavanda dei piedi e nel boccone dato a Giuda:(Gv.13,26) ci ama fino a diventare nostro servo(schiavo) fino a consegnarsi a noi, per amore. Quel boccone sarà Lui, pane eucaristico consegnato a noi peccatori; anche se nel cuore noi lo rifiutiamo, anche se coltiviamo desideri di morte, Lui ci consegna comunque se stesso, la sua vita. Solo satana può indurci a tradire quel Cristo che, nonostante tutto, ci ama fino a rinunciare a se stesso
- perché si compisse la Scrittura: qui la parola “compiere”, nella versione greca, è diversa dalla precedente, anche se deriva dalla stessa radice(telos): è teleiòo invece che telèo. Generalmente Giovanni parla dell’adempimento della Scrittura con il verbo “pleroo” (12,38;13,18;15,25;17,12;19,24.36). Qui però non si tratta dell’adempimento di un passo della scrittura, ma di tutta la Scrittura, annunciato in 7,38, quando il Figlio realizza pienamente la volontà del Padre (4,34;5,36;17,4.23) La sua morte è il compimento della Rivelazione.
- ho sete: la sete, bisogno più impellente della fame, è desiderio di acqua per la vita. Dio ha sete di amore, ha sete di amarci . Il compimento della Scrittura nasce dal desiderio ardente di amarci fino alla fine, dalla sete di amore per noi. Di per sè l’espressione non è una citazione biblica. Molti salmi parlano della nostra sete di Dio (Sal.42,2-3;63,2). Qui però, è Gesù che dice: “Ho sete”, e pertanto si tratta della sete di Dio nei nostri confronti, fonte per altro della nostra sete di Lui. E’ perché Lui ci ha immensamente amato, che noi sentiamo sete e desiderio inquieto e mai appagato di amarlo. Questa sete la placheremo solo in cielo, quando saremo assieme a Lui! Questa sete di Gesù, richiama la sete al pozzo di Sichar: era l’ora sesta e promette alla Samaritana fiumi d’acqua viva(4,10.14) Richiama anche il grido di Gesù al tempio nell’ultimo giorno, il grande giorno della festa.”Chi ha sete, venga a me e beva. Chi crede in me,come dice la Scrittura, fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno”(7,37) Questo fiume di acqua viva è proprio lo Spirito che i credenti riceveranno quando Gesù avrà compiuto la sua missione. La sete di Gesù non è solo la sete di uno appeso alla croce; è la sete di un Dio che tanto ha amato il mondo,da dare suo figlio: è sete della nostra salvezza.
v.29: un vaso giaceva: è l’unico passo di Giovanni, in cui ricorre il termine
“vaso”. Questo vaso che giace, richiama le idrie di pietra delle nozze di Cana
(2,6) e quella abbandonata dalla samaritana al pozzo(4,28)
- pieno di aceto: il vino è segno di amore e di vita piena. L’aceto è vino andato a male. Se a Cana il vino mancava, questo vaso è pieno di aceto. Alla mancanza di amore, che rallegra la vita corrisponde la pienezza di odio. L’uomo è un vaso sempre pieno o vuoto di odio o di amore. Questo vaso di aceto è il calice che il Padre gli ha dato da bere, quello che gli offrono i fratelli(18,11): per Lui è un vaso pieno di rifiuto, di furore, di violenza ma per noi è pieno di salvezza (sal.75,9;116,13). Nel testo in questione, per tre volte si parla di aceto e altrettante di “compiere.” Il compimento delle Scritture consiste nel fatto che mentre Lui beve il nostro aceto ci abbevera del suo Spirito: bevendo il nostro peccato e la nostra morte,ci disseta del suo amore e della sua vita.
- posta una spugna piena di aceto attorno ad un issopo: se il vaso è il mondo pieno di aceto, ciascuno di noi è una spugna piena dello stesso aceto. Non si dice,infatti, nel testo chi compia il gesto: tutti noi e ciascuno. Come più avanti non si dirà chi lo ha porto alla bocca di Gesù: tutti e ciascuno!A Gesù viene dato da bere la pienezza del nostro male. Il gesto di dargli aceto, potrebbe apparire un gesto di pietà, perché l’aceto è bevanda dissetante. Ma il contesto con i termini sete e aceto, richiama il salmo 69,22: “Hanno messo nel mio cibo veleno e quando avevo sete mi hanno dato aceto”. Il gesto richiama l’offerta di odio e di morte verso Colui che dà amore e vita. L’issopo, una canna in Mc.15,36 allude al sangue dell’agnello che toglie il peccato del mondo. Lui è il vero agnello pasquale , il cui sangue,asperso con issopo, risparmia dalla morte (Es.12,22)
v.30: quando prese l’aceto: torna qui il verbo “lambano”=accogliere. Gesù
accoglie l’aceto di cui è pieno il vaso dell’umanità, di cui è piena la spugna:
beve la nostra vita andata a male. Al suo accogliere corrispondere il suo
consegnarsi a noi nel dono dello Spirito. Accogliere non consegnarsi e
consegnarsi non è accogliere? Gesù accetta attivamente la morte che gli diamo:
per la terza volta si nomina l’aceto che noi gli porgiamo e che lui accoglie.
Il Figlio disseta la sua sete infinita di amore accogliendo ogni male
dell’amato. Che logica diversa dalla nostra che vorremmo i nostri amati sempre
perfetti o sempre in forma nel restituirci l’amore che diamo!
- è stato compiuto: il verbo, come nel versetto 28, è al perfetto per indicare una azione compiuta nel passato, ma i cui effetti durano ancora, permangono al presente. L’espressione richiama il racconto della creazione, quando Dio portò a compimento il cielo e la terra e ogni sua schiera (Gen.2,1) Il verbo “compiere” è anche qui al passivo. E’ il “passivo divino”. Davvero Gesù accettando la sua passione e la sua morte, compie l’opera da Dio, rivelandosi Lui pienamente come Dio, ricreando quel mondo come Dio lo ha pensato agli inizi, ma che l’uomo ha riempito di odio e violenza. Tutto è compiuto è un grido di trionfo,di vittoria. Il Figlio ha compiuto la sua missione: bevendo l’aceto ci ha amati fino all’estremo. Colui dal quale, per il quale e in vista del quale sono state fate tutte le cose,ha portato a termine la sua missione, ha svuotato l’universo dall’odio per colmarlo del suo amore, ha bevuto la nostra morte per dissetarci della sua vita.
- chinato il capo: Gesù china il capo sulla Madre e sul discepolo, sulle donne e sui soldati, su Gerusalemme e sul mondo intero. La morte di Cristo è il chinarsi di Dio su ogni figlio dell’uomo.
- consegnò lo Spirito: Gesù non muore, non perde la sua vita, ma la ritrova nuova e glorificata consegnandola al Padre per amore nostro, e consegnandoci lo Spirito. L’amore è più forte della morte e si compie nel dono di sé. Consegnare (in greco “paradidònai”) indica anche trasmettere, tradire. Al nostro consegnarlo a morte, corrisponde il suo consegnarci la vita. Al nostro tradirlo, lui tradisce il suo amore assoluto.
3 Alcuni spunti per la riflessione personale e la condivisione
Vivere con fede è lasciare che Dio compia nella mia vita e nella mia
storia la sua volontà. Lasciare che Dio ci riempia, in tutto, con la sua
presenza. Per incontrarlo, è importante fare discernimento attraverso le
Scritture. Le Scritture non solo ci narrano le meraviglie di Dio, ma ci aiutano
a capire “come “ lui le porta a compimento. Anche in noi si deve compiere la
sua Parola…come in Maria, con la prontezza e la disponibilità del “fiat” della
Madre.
Vino e aceto. La vita ci viene data per gustarla, per viverla con gioia. A
volte la percepiamo invece pungente e aspra come l’aceto che io mi dò, o che
altri mi danno…….il crocifisso che riceve l’aceto per dare amore come mi parla,
mi interpella?
Gesù china il capo e dona lo Spirito. Chinare il capo può indicare anche
ricerca di affetto di conforto, di speranza, di consolazione, di misericordia….anche
noi abbiamo sperimentato questo: che cosa ho trovato, su chi ho chinato il
capo? Ho chinato il mio capo, come l’apostolo Giovanni sul petto di Gesù? Da
chi mi sono fatto consolare, aiutare, confortare? Guardo anche dove sono
fuggito nei momenti in cui ho sperimentato la vita come aceto……
Lo Spirito Santo e noi. Dio è sempre presente in noi con il dono del suo
Spirito. Mi lascio guidare? Sono docile, aperto alla voce dello Spirito? Vi
sono stati momenti in cui ho soffocato lo Spirito? Quali realtà, in me, hanno
maggiormente bisogno di essere illuminate dallo Spirito?
4.Passi paralleli per continuare la meditazione personale e la condivisione
Salmo 69;42;63; Is.11,1ss; 55,1ss; Ger.31,31-34; Ez.36,26ss; 37,1-14; Gv.4,1ss;
7,37-39; 14,12-26; 15,26-27; 16,7-15; Gal.4,6s; Rm8,1-17
p. Roberto Zambolin