Credere7 - Il Mondo di Aquila e Priscilla

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ISLAM

Maometto

Fondatore della religione islamica fu Maometto (il Lodato), la cui vita ci è nota dalle pagine del Corano e della Tradizione canonica musulmana (Hadit). Nato alla Mecca verso il 570 dopo Cristo da una famiglia di modesta condizione, rimase ben presto orfano di entrambi i genitori. Intelligente e abile, si dedicò agli affari, divenendo responsabile dell'attività commerciale di una ricca vedova di nome Khadigia che sposò, sebbene fosse molto più anziana di lui.
Questo matrimonio gli assicurò la tranquillità economica e la possibilità d'interessarsi a fondo del problema religioso, verso il quale si sentiva da tempo attratto. Infatti, durante i numerosi viaggi compiuti per motivo di lavoro, era venuto a contatto con diverse religioni, e in particolare con quelle giudaica e cristiana, che l'avevano colpito per l'universalità del loro messaggio, per la decisa affermazione dell'unicità di Dio, e infine per il ruolo in esse svolto dai « profeti ».
L'attività pubblica di Maometto ha inizio verso i quarant'anni. Egli credette in quel tempo di ricevere dall'arcangelo Gabriele la vocazione profetica, e con essa la missione di predicare ai suoi concittadini l'esistenza di un unico Dio, l'imminenza della risurrezione e del giudizio, e il dovere di vivere in attesa di questi avvenimenti. La sua predicazione iniziale risente molto di quella dei profeti della Bibbia e, come questa, non fu ben accolta dai contemporanei. Ad eccezione di un piccolo gruppo di ammiratori, i meccani lo trattarono da matto e da imbroglione, rendendo la sua predicazione e la sua stessa vita sempre più difficili.
Fu allora che Maometto si decise ad abbandonare la Mecca per stabilirsi dove sperava di trovare miglior accoglienza, ossia a Jatrib, che prese da allora il nome di Medina (Città), perché considerata come la città del profeta. Era il 15 luglio del 622 quando si compì l'Egira (distacco) di Maometto dalla sua città natale e dal suo gruppo tribale: questo fatto segnò l'inizio della nuova religione degli arabi, e da esso si computarono gli anni del calendario musulmano.
A Medina il Profeta s'impegnò ad approfondire la sua dottrina religiosa e a preparare il ritorno alla Mecca. Il suo pensiero in questo periodo tende a perdere l'aspetto apocalittico dei primi tempi: egli parla sempre meno della fine del mondo e del giudizio, e sempre più della fede in Dio e della sottomissione a lui, inculcando alcuni precetti religiosi e morali che diverranno tipici della nuova religione. E mentre chiarisce i tratti essenziali della dottrina e dell'organizzazione dell'islam, pensa al modo di assicurargli il successo.
Organizzato un esercito piccolo ma fidato, incomincia ad assalire le carovane dirette alla Mecca, provocando così i meccani i quali, usciti in armi, sono battuti nella battaglia di Badr, nel 624. Inizia allora un periodo di lotta serrata che, dopo alterne vicende, si conclude con il trionfo finale del Profeta. Le sue numerose vittorie militari e la presenza alla Mecca di un certo numero di simpatizzanti sempre più attivi, inducono molti meccani a mutare opinione su di lui, cosicché, quando nel 630 si presenta col suo esercito sotto le mura della città, essa gli apre spontaneamente le porte.
Da questo momento data la virtuale adesione all'islam di tutti gli arabi. E il Profeta stava già preparando una spedizione missionario-militare per portare la nuova fede oltre i confini del mondo arabo, quando morì, l'8 giugno del 632.

La dottrina

Maometto non fu certo un pensatore orginale, come appare da quanto s'è detto della sua vita. Alcuni elementi della sua religione risalgono alla preesistente religione degli arabi. È il caso, ad esempio, del tradizionale pellegrinaggio alla Mecca per visitare il santuario della Ka'ba e venerare la pietra nera, un meteorite ivi custodito e da secoli oggetto di culto. Così, appartiene alla tradizione araba il modo di concepire la sovranità divina come assoluta e dispotica, alla quale si deve piena e totale sottomissione.
Ancora più numerosi sono gli elementi di origine biblica. Il concetto dell'unicità e della trascendenza divina, ad esempio. da cui deriva la proibizione di venerare le immagini e di pronunciare inutilmente il nome di Dio; la credenza negli angeli e nei demòni; quella nella vocazione profetica di molti uomini, tra cui Noè, Abramo, Mosè e Gesù`; l'attesa di una risurrezione e di un giudizio, al quale seguirà il premio del paradiso (Eden) o il castigo dell'inferno (Gehenna), ecc., sono tutti elementi tratti dalla tradizione giudaico-cristiana. Ciò si spiega tenendo conto che per Maometto l'islam è la stessa rivelazione divina annunciata dalla Bibbia, e il Corano non è che la Bibbia purificata dagli errori introdottivi dagli uomini.
Maometto utilizza dunque molti clementi preesistenti, ne dà una propria interpretazione e li sistema attorno ad alcune idee centrali, dando vita così a una dottrina e a una pratica religiosa adatte alle esigenze dei suoi concittadini, i quali ben presto vi aderirono in massa.
La prima e fondamentale verità dell'islam è che esiste un solo e unico Dio, Allah, altissimo. onnipotente, inaccessibile, misericordioso, e insieme terribile con chi gli si oppone. A lui si deve anzitutto la fede (iman), che consiste nel riconoscere la sua esistenza, i suoi attributi e la sua rivelazione ai profeti. Maometto ebbe un profondo senso di Dio, che senti di dover adorare, benedire ed esaltare fin dalla prima pagina del Corano.
Segno » e prova dell'esistenza di Dio è in primo luogo il creato. « Iddio ha creato i cieli e la terra con la verità: certo in questo v'è un segno per i credenti », egli dice. L'esistenza e l'ordine del mondo sono dunque la prima rivelazione di Dio, ma non l'unica.
Dio infatti si è inserito nella storia umana e si è manifestato a più riprese per mezzo di molti profeti, da Abramo a Gesù fino a Maometto. La prova di questa rivelazione è offerta dai miracoli. E’ curioso come Maometto si appelli ai miracoli dell'Antico Testamento e a quelli di Cristo per provare la verità della sua religione, mentre non attribuisce mai a se stesso il potere di compiere miracoli. Di fronte alla richiesta di compiere dei « segni » soprannaturali, risponde infatti che egli è « un semplice mortale », è « solo un ammonitore », e che il dono, che Dio gli ha fatto del Corano è già un segno sufficiente della sua missione.
« Non c'è dio al di fuori di Dio, e Maometto è il suo profeta », è la professione di fede (sahada) dell'islam, il nucleo centrale di tutta la sua teologia. Tale fede dev'essere piena, totale e incondizionata come la fede di Abramo, ritenuto il modello di ogni credente, ed è necessaria per la salvezza. Senza di essa infatti anche le opere buone sono vane, « e non verrà loro attribuito nel giorno della Risurrezione alcun peso ».
Oltre alla fede, il discepolo di Maometto deve praticare la sottomissione (islam) a Dio, che consiste anzitutto nell'adorazione e nel culto. Il Profeta enumera cinque opere fondamentali di culto, che diverranno le cinque « colonne dell'islam »: 1) la professione di fede (sahada) già menzionata; 2) la preghiera rituale (salat), da fare cinque volte al giorno rivolti verso la Mecca, con determinati gesti rituali; 3) l'elemosina legale (zakat) a sostegno della comunità religiosa; 4) il digiuno (sawm) durante il mese di Ramadan; 5) il pellegrinaggio alla Mecca (hagg), almeno una volta nella vita.
Il buon musulmano (sottomesso), oltre a compiere le opere del culto, deve vivere secondo la legge morale, che corrisponde grosso modo a quella dei Dieci Comandamenti di Mosè. Chi non osserva la legge di Dio commette peccato. Esso consiste nella ribellione alla sovrana volontà di Dio, ed è sempre di danno per chi lo compie.
La morale del Corano non è troppo esigente né troppo innovatrice: conferma la legge del taglione, ossia della vendetta proporzionata alla gravità dell'offesa, anche se talvolta la tempera con la possibilità di un indennizzo sostitutivo, e persino col consiglio del perdono, nella convinzione che Dio «pensi lui a retribuire certa gente nel modo che s'è meritato ». Conserva anche la poligamia, già in uso tra gli arabi, limitando il numero delle mogli a non più di quattro per volta, ma consentendo senza restrizioni il concubinaggio con le schiave; mantiene in vigore l'istituto della schiavitù e la soggezione sociale della donna, di questa creatura, dice il Corano, « che cresce in mezzo agli agghindamenti e nei litigi e non sa dir chiaramente le sue ragioni »,e che dev'essere sottomessa all'uomo « per la superiorità che Dio ha concesso » all'uno sull'altra.
L'ideale morale di un musulmano non è quello di un asceta né di un monaco: l'islam infatti non conosce il monachesimo. Lo stesso Profeta non fu certamente un asceta. Condusse una vita piuttosto comoda e agiata; ebbe molte mogli, tra le quali l'ex moglie di un suo figlio adottivo, da questi divorziata », e ritenne di poter godere di alcuni privilegi in materia, esentandosi dalle limitazioni imposte agli altri. Si procurò un prestigio e un potere politico con mezzi molto terreni, spesso senza guardare troppo per il sottile.
Questo carattere « terreno » appare come un dato specifico dell'islam, che lo distingue dalle altre grandi religioni di cui abbiamo parlato. Basterà ad esempio ricordare che il Corano rifiuta di ammettere per vera la morte di Cristo in croce perché indegna, agli occhi di Maometto, di un vero Profeta, cui deve sempre arridere il successo; che il paradiso è descritto a colori vivaci come un luogo di delizie e di piaceri sensibili, e che tra i mezzi di diffusione della fede, un posto di particolare rilievo spetta alla « guerra santa» (gihad), ritenuta non solo lecita, ma altamente meritoria e voluta da Dio.
A chi si batte per Dio è riservato infatti un « gran premio », mentre chi si rifiuta di farlo incorre nell'ira divina e, da morto, non merita alcun onore.La ragione della spada, il successo terreno delle armi, è inteso dal Profeta come prova del favore divino e della verità della sua religione, la quale, tra l'altro, è e dev'essere la religione dello Stato, e deve regolare tutti gli aspetti della vita, da quello familiare a quello politico e sociale

Lo sviluppo storico

La storia dell'islam è storia religiosa e politica insieme. La nuova religione, che alla morte del Profeta aveva conquistato quasi tutto il mondo arabo, si estese ben presto e con grande rapidità anche a molti altri popoli. Già nel 638 furono conquistate la Siria e la Palestina, inclusa Gerusalemme, il che fu motivo in seguito delle numerose guerre tra cristiani e musulmani, dette crociate. Nel 642 anche la Persia e l'Egitto caddero in potere dell'islam, che continuerà a premere vittorioso sul mondo cristiano, riuscendo a sottomettere non solo tutta l'Africa del Nord, ma anche la Sicilia, la Sardegna, la Corsica, Cipro, Creta, quasi tutta la Spagna e buona parte della Turchia. La sua espansione si fermerà, in Oriente, davanti alle mura di Costantinopoli, che rimarrà cristiana fino al 1453 e, in Occidente, a Poitier dove, nel 732, Carlo Martello bloccherà l'avanzata degli arabi in Francia e porrà le premesse della riconquista cristiana della Spagna.
Ma mentre all'esterno la vittoria arrideva alle armate dell'islam, all'interno esso era sconvolto da lotte fratricide. Maometto non aveva dato alla nuova religione una chiara struttura gerarchica. Quando morì, il suo posto fu preso da uomini che in vita gli erano stati vicini, i quali assunsero il nome di califfi (« luogotenenti » del Profeta) e la funzione di sovrani temporali, incaricati di far regnare sulla terra la fede e la legge islamica. La loro vita però non fu facile. Dei primi quattro califfi, quando la carica era ancora elettiva, tre furono assassinati. Il terzo, Othman, merita una particolare menzione perché a lui si deve, dodici anni dopo la morte di Maometto, la raccolta nel Corano (Lettura) dei suoi insegnamenti, fino allora tramandati solo oralmente o in brevi scritti slegati.
Nel 661 Mucawija, governatore di Damasco, dopo aver liquidato il califfo Ali, cugino e genero del Profeta, coi suoi figli, trasferì la sede del califfato da Medina a Damasco e lo rese ereditario, fondando la dinastia degli Omayadi (661-750). In questo periodo, che segnò la massima espansione dell'islam ha inizio la Tradizione (Sunna), che si venne ad affiancare al Corano come norma religiosa, giuridica e morale dell'islam, e prese forma scritta nel Hadit.
In assenza di un sacerdozio, di una gerarchia e di un magistero autorevole, Hadit e Corano saranno i punti di riferimento dell'ortodossia islamica. Essi non riusciranno tuttavia a impedire né il sorgere di numerose fazioni scismatiche, né un certo deterioramento dell'islam tradizionale (sunnita) in senso formalistico e lassista. Così, la fede tenderà a ridarsi alla pura attestazione delle labbra; la sottomissione al compimento esteriore delle opere di culto, mentre si farà strada l'idea che l'osservanza dei Comandamenti non sia strettamente necessaria alla salvezza, bastando la sola fede.
Dal 750, col prevalere dell'elemento persiano su quello arabo e l'affermarsi della dinastia degli Abassidi, il califfato si trasferisce a Bagdad, ove rimarrà fino al 1258, anno della conquista e distruzione della città da parte dei mongoli. Da questo momento, la guida dell'islam passa ai turchi, e anche il titolo di califfo, che verrà assunto, dal 1453 in poi, dal sultano di Costantinopoli; ma il califfato non sarà più quello di prima. Il periodo del suo maggiore splendore coincide con la dinastia degli Abassidi, che segna il culmine dello sviluppo culturale e religioso dell'islam, e insieme l'inizio della sua decadenza politica.
Sono di quest'epoca i grandi maestri del pensiero filosofico arabo, Avicenna e Averroè, che tanto influsso esercitarono sulla cultura del nostro medioevo, così come il maggior rappresentante dell'ascetismo islamico (sufismo), Abu Hamid al Ghazzali (morto nel 1111), che diede inizio a una concezione meno formalistica e terrena dell'islam.
Il sufismo, che incontrò non poca opposizione da parte degli ambienti ufficiali della tradizione sunnita, può a buon diritto considerarsi come l'espressione più alta della religiosità musulmana, che va oltre la lettera e lo stesso spirito del Profeta. Esso infatti intende e vive la « fede » come adesione interiore dello spirito a Dio, e la « sottomissione » come abbandono fiducioso nelle sue mani, come totale consacrazione d'amore a lui
A uno sguardo d'insieme, l'islam ci appare come la religione non cristiana che ha il più alto e preciso concetto di Dio e dei suoi attributi: unicità, onnipotenza, trascendenza, sovranità sugli uomini e sul mondo, e insieme bontà e misericordia. Sono concetti tratti dalla tradizione giudaico-cristiana. che lo rendono familiare al nostro spirito.
Non vi mancano tuttavia i limiti e le ombre. Esso si presenta infatti come molto « terreno », sia negli ideali che propone che nelle istituzioni su cui si fonda. La sua morale è troppo indulgente, il suo paradiso troppo materiale, il suo culto troppo esteriore, la sua forza troppo legata al potere politico e alla ragione della spada.
La guerra, intesa come mezzo privilegiato di diffusione della fede, non può non ripugnarci, così come ci ripugnano l'intolleranza e il fanatismo, che furono e sono tipici dell'islam e che, purtroppo, esercitarono una forte influenza anche sul mondo cristiano, costretto per secoli a difendersi dall’aggressività dei musulmani. Basti pensare al fenomeno delle crociate, cui si connette la nascita dell'antisemitismo europeo, e a quello della « riconquista » cristiana della Spagna, che darà un carattere di particolare intransigenza al cattolicesinmo di quel Paese.

Testi e documenti

Lodi di Allah
Nel nome di Dio Clemente e Misericordioso 8. Lode a Dio, Signore dei Mondi, il Clemente, il Misericordioso, So­vrano del Giorno del Giudizio. Te adoriamo, Te invochiamo in soccorso, guidaci al retto sentiero, al sentiero di coloro a cui hai elargito la tua grazia, non di coloro che sono incorsi nella tua ira né di coloro che son fuorviati.
(Il Corano, sura I, UTET, Torino 1967, p. 19).
Sia benedetto Iddio, Signore dei mondi. Egli è il Vivente. Non v'è Dio fuorché Lui. Invocatelo, dunque, votandogli culto esclusivo. Lode a Dio, Signore dell'Universo.
(Il Corano, sura XL, vv. 64-65, ed. cit., p. 427).

A Dio dalla natura
Iddio è il dischiuditore del seme e del nòcciolo. Egli fa uscire il vivo dal morto e il morto dal vivo. Tale è Dio: come potete lasciarvi fuorviare? Egli è il dischiuditore dell'Aurora. Egli ha fatto della notte tempo di riposo e del sole e della luna strumenti di computo: così il Possente e Sciente ha disposto. È pure Lui che vi ha dato le stelle perché vi orientiate con esse in mezzo alle te­nebre terrestri e marine: ecco segni perspicui che abbiamo dati alla gente che sa. È Lui che vi ha prodotti da un solo individuo, attra­verso un luogo di residenza e un luogo di attesa 9. Ecco segni per­spicui che abbiamo dati per gente che comprenda. È Lui che ha fatto scendere dal cielo dell'acqua. E con questa noi abbiamo fat­to uscire ogni sorta di piante, da cui facciamo uscire del verde, donde facciamo uscire grani agglomerati. E dalle spate delle pal­me grappoli a portata di mano. E vigneti, e ulivi e melograni, si­mili e dissimili. Guardatene i frutti, quando nascono e quando so­no maturi. Quali segni per gente che creda! Invece hanno dati come soci a Dio i Genii 10, che sono, invece, creazione Sua, e Gli han­no, insipientemente, inventato figli e figlie. Gloria a Lui: Egli sta ben più in su di ciò che Gli attribuiscono. Inventore dei Cieli e del­la Terra, come potrebbe aver figli, non avendo compagna? Tutto Egli ha creato, di tutto Egli è sciente. Tale è Dio il Signor vostro. Non v'è Dio fuor che Lui. Egli è creatore d'ogni cosa: adoratelo dunque. E ogni cosa Egli ha in cura. Gli sguardi non lo vedono, mentre Egli vede gli sguardi. Egli è il Benigno, il Beninformato. Avete ricevuto da Dio dei mezzi di vedere. Chi vedrà, vedrà a suo vantaggio, e chi resterà cieco, resterà tale a suo svantaggio.
(Ibidem, VI, 95-104, pp. 134-135).

Lo stesso Dio nella Bibbia e nel Corano
Noi ti abbiamo inviato la rivelazione, come l'abbiamo inviata a Noè e ai profeti che gli sono succeduti, come l'abbiamo inviata ad Abramo, a Ismaele, a Isacco, a Giacobbe, alle dodici Tribù, a Gesù, a Giobbe, a Giona, ad Aronne, a Salomone e abbiamo dato a Davide un Salterio; e abbiamo mandato Inviati di cui ti abbia­mo precedentemente narrato ed altri di cui non ti abbiamo narra­to. A Mosè, poi, Iddio parlò direttamente. Furono Inviati portatori di promesse e di diffide, affinché, dopo l'arrivo degl'Inviati, gli uomini non avessero alcun argomento contro Dio, che è potente e sapiente.
...O gente. È venuto a voi l'Inviato, portandovi la verità dalla parte del vostro Signore. Credete, dunque; sarà meglio per voi. Se rifiutate di credere, Iddio detiene ciò che sta nei Cieli e sulla Ter­ra, Iddio è sciente e sapiente.
(Ibidem, IV, 163-165.170, pp. 103-104).

Disse Mosè a Faraone: « Io sono un Inviato del Signore dell'U­niverso, tenuto a non dire di Dio se non la verità. Sono venuto a voi con una prova evidente da parte del vostro Signore. Lascia, pertanto, partire con me gl'Israeliti ». « Se veramente, come dici, hai un segno, producilo », rispose Faraone. Egli gettò allora per terra il suo bastone, ed ecco che questo divenne un autentico ser­pente. Trasse la mano, ed essa apparve tutta bianca [di lebbra] agli spettatori.
... E noi colpimmo la gente di Faraone con le cattive annate e la penuria dei prodotti, nella speranza che riflettessero, ma quando le cose andavano bene dicevano « merito nostro! » e quando an­davano male, dicevano ch'era Mosè e i suoi seguaci che portavano loro sfortuna. Invece la loro sfortuna era da Dio; ma i più di loro non se ne rendevano conto. « Qualunque segno tu ci adduca per stregarci, non ti crederemo », gli dissero. Allora mandammo loro l'inondazione, le cavallette, i pidocchi ed il sangue: segni ben chia­ri. Ma rimasero superbi e seguitarono a delinquere. Vedendo ab­battersi su di loro l'ira divina, dissero: « O Mosè. Invoca per noi il tuo Signore, secondo il patto che ha stretto con te. S'egli ci sol­leva dalla sua ira, ti crederemo, e lasceremo partire con te gl'Israe­liti ». Ma quando avemmo sospeso il flagello sino a un termine sta­bilito, eccoli che mancavano alla promessa. Allora ci vendicammo di essi e li sprofondammo nel mare, per avere negati e negletti i nostri segni.
(Ibidem, VII, 103-135, pp. 153-155).

Ricorda quando gli Angeli dissero: O Maria. Iddio ti dà la lieta novella di un Verbo da Lui. Il suo nome sarà Gesù figlio di Maria. Sarà illustre in questo mondo e nell'altro; e sarà degli Appros­simati 11. Parlerà agli uomini dalla culla e da uomo maturo, e sarà dei Santi. Disse Maria: « Signore mio, come potrò avere un figlio, quando nessun uomo mi ha toccata? ». Rispose: « Proprio così: Id­dio crea ciò che Egli vuole, e quando ha deciso una cosa, le dice soltanto "sii", ed essa "è". Egli gli insegnerà la scrittura, la sa­pienza, la Torà e l'Evangelo. Mandato, come inviato divino, ai Figli d'Israele, dirà loro: "Vi ho portato un segno del vostro Si­gnore. Vi formerò dal fango figure d'uccelli, vi soffierò dentro, ed esse, con la permissione di Dio, diventeranno uccelli veri (1)2. Guarirò il cieco dalla nascita e il lebbroso. Consenziente Iddio, risu­sciterò i morti. Indovinerò quello che mangiate e ciò che tenete immagazzinato in casa. Ciò per fornirvi un segno, se vorrete cre­dere. Son venuto a confermare la Torà, che è nelle mie mani, e a rendervi lecite alcune cose che vi erano state proibite. Vi ho por­tato un segno di Dio: temete, dunque, Dio ed obbeditemi".
(1) Si riferiscono qui miracoli narrati dai Vangeli apocrifi.
(Ibidem, III, 45-50, pp. 65-66).

Maometto non fa miracoli
Dicono gl'increduli: « Perché non è stato mandato a lui dall'alto, da parte del suo Signore, un segno? ». Ma tu sei solo un ammoni­tore, e ogni popolo ha la sua guida.
(Ibidem, XIII, 8, p. 226)
.

Hanno detto: « Non ti crederemo, a meno che tu non ci faccia sprizzare dalla terra una sorgente. Oppure che tu abbia un giar­dino di palme e di viti e ci faccia sgorgare attraverso i fiumi. O che ci faccia cadere addosso il cielo a pezzi, come hai preteso, o che ci porti davanti, faccia a faccia, Iddio e gli Angeli. O che tu abbia una casa tutta fregi, o ascenda su pel cielo, restando inteso che non crederemo alla tua ascensione finché non ci porterai giù un li­bro che possiamo leggere con i nostri occhi ». Di' loro: « Gloria a Dio! Se gli uomini non hanno creduto quando è giunta loro la buona direzione, è precisamente perché hanno detto: "Dio ha mandato come Inviato un semplice mortale" ».
(Ibidem, XVII, 90-94, p. 263).

Dicono: « Perché non gli sono stati mandati dall'alto dei segni da parte del suo Signore? ». Rispondi: « I segni sono soltanto presso Dio, e io sono soltanto un chiaro ammonitore ». Non basta loro che noi ti abbiamo mandato dall'alto la Scrittura da essere recitata ad es­si? Certo in ciò v'è un segno di misericordia e un richiamo a gen­te che crede.
(Ibidem, XXIX, 50-51, p. 360).

Il Decalogo coranico
Non mettere con Dio un altro dio, per non trovarti biasimato e ab­bandonato. Iddio comanda che non serviate che a Lui e che trat­tiate bene i vostri genitori, sia che l'uno di essi, sia che entrambi raggiungano presso di te la vecchiaia. Non dire loro « uff! » e non li prendere a male parole, ma rivolgi loro parole cortesi. Abbassa umilmente davanti a loro, le ali, compatendoli, e di': « Signor mio, sii misericorde con essi, come sono stati con me, quando mi han­no allevato da piccolo ». Iddio conosce meglio di chiunque ciò che v'è nelle nostre anime. Se siete buoni, egli è perdonatore di colo­ro che si pentono. Da' al parente ciò che gli è dovuto, e così al povero e al ramingo, ma non essere scialacquatore.
... Non uccidete i vostri figli per timore di miseria. Noi provve­deremo a loro e a voi. L'ucciderli è un grave erramento! Non com­mettere fornicazione. E' cosa turpe e che mena a male. Non uccidete le persone che Iddio ha proibito di uccidere se non per giu­sto motivo. Al curatore [della vendetta] di chi sia stato ucciso in­giustamente noi abbiamo dato potestà. Che egli non ecceda nell'uc­cidere, e sarà aiutato ". Non vi accostate alle sostanze dell'orfano se non nel modo migliore 15, fino a che egli raggiunga l'età maggiore, e rispettate l'impegno assunto, perché dell'impegno assunto si chiede conto. Riempite la misura quando misurate e fate giu­sto peso: è il meglio che possiate fare, è l'applicazione più cor­retta. Non seguire ciò di cui non hai conoscenza. L'udito, lo sguar­do, il cuore: di tutti questi si dovrà render conto. Non camminare sulla terra con insolenza. Tanto non riuscirai a trapassare la ter­ra da parte a parte né a raggiungere in altezza le montagne. La malvagità di tutto ciò è detestata dal tuo Signore. Questo fa parte della Sapienza che Iddio t'ha rivelata. E non mettere con Dio un altro dio, per non essere precipitato nella Gehenna, vitu­perato e reietto.
(Ibidem, XVII, 22-39, pp. 256-257).

L'addolcimento del taglione
O Credenti! Vi è stato prescritto per gli uccisi il taglione: libero contro libero, schiavo contro schiavo, femmina contro femmina. Ma se a uno è stato condonato alcunché dal suo fratello, ci sia al­lora reclamo secondo le buone usanze e pagamento a lui con buona grazia. Questo è un alleggerimento e un atto di miseri­cordia da parte del vostro Signore; e chi dopo di ciò farà [all'uc­cisore] del male incorrerà in castigo doloroso.
(Ibidem, II, 178, p. 40).

Il male si ricambia, infatti, con un male eguale. Ma chi perdona e si riconcilia, sarà rimunerato da Dio. Questi non ama coloro che fan torto. Contro a coloro che si rivalgono di un torto subìto non v'è luogo a procedere. Si procede soltanto contro coloro che commettono soprusi contro la gente e insolentiscono, contro giustizia, sulla terra. Questi subiranno un castigo doloroso. Egregia cosa fa chi pazienta e perdona.
(Ibidem, XLII, 39-42, pp. 439-440).
Di' ai Credenti di perdonare a quelli che non sperano nei Giorni di Dio, affinché pensi lui a retribuire certa gente nel modo che s'è meritato.
(Ibidem, XLV, 14, p. 453).

La donna nel Corano
In merito ai vostri figli, Iddio vi prescrive: al maschio la porzio­ne [di eredità] di due femmine.
(Ibidem, IV, 10, p. 83).
Gli uomini hanno autorità sulle donne per la superiorità che Dio ha concessa agli uni sulle altre e a causa di ciò che essi hanno speso [per esse] delle proprie sostanze. Le donne oneste, alla lor volta, sono sottomesse e custodiscono il proprio onore durante l'assenza dei mariti in cambio della protezione loro concessa da Dio. Quelle di cui temete l'indocilità, ammonitele, lasciatele dormir sole, battetele. Ma se vi obbediscono, lasciatele in pace. Iddio è alto e grande.
(Ibidem, IV, 34, p. 87).
O Profeta! Noi ti abbiamo reso lecite: le tue mogli alle quali hai pagato le loro spettanze [dote], le donne venute in tuo possesso come parte del bottino concessoti da Dio, le figlie di zio paterno e di zie paterne o di zio materno o di zie materne emigrate con te, e quella donna credente che si offra in dono(2) al Profeta, se que­sti vuole chiederla in matrimonio, prerogativa tua ad esclusione de­gli altri credenti, dei quali noi sappiamo bene ciò che abbiamo lo­ro imposto a proposito delle loro mogli e delle loro schiave. Ciò affinché tu non abbia scrupoli: Iddio è perdonatore e misericordio­so. Tu puoi fare aspettare quella che vuoi, far venire a te quella che tu vuoi, e quella che tu desideri fra quelle che hai lasciate in disparte: non ne sarai rimproverato(3)".
(2) Senza pagamento di dote.
(3) E' un'eccezione al dovere del musulmano di rispettare i turni delle diverse mogli. Si noti che il Profeta ebbe nove mogli, invece delle quattro normalmente ammesse.
(Ibidem, XXXIII, 50-51, pp. 381-382).

Il paradiso islamico
Per coloro che avranno temuto il tribunale del loro Signore ci sa­ranno due giardini, due giardini frondosi, con due fonti scorrenti, con frutta d'ogni sorta, facile ad esser colta, sdraiati su tappeti dal fondo di broccato. Qual dunque negherete dei doni del Signo­re? Vi saranno fanciulle dallo sguardo pudico, non mai toccate prima da uomini o da geni . Qual dunque negherete dei doni del Signore? Sembreranno esse rubini, sembreranno coralli. Qual dun­que negherete dei doni del Signore? Può il bene aver compenso altro che il bene? Qual dunque negherete dei doni del Signore? Oltre ai due, vi saranno due giardini di colore verde fondo, con due fonti zampillanti. Qual dunque negherete dei doni del Signo­re? Vi saranno frutta e palme, vi saranno melegrane. Qual dun­que negherete dei doni del Signore? E donzelle buone e belle dai fulgenti e neri occhioni, confinate in padiglioni, non toccate mai da mani né di geni, né di umani. Qual dunque negherete dei doni del Signore? Là staranno adagiati sopra verdi guanciali e splendidi tappeti. Qual dunque negherete dei doni del Signore? Sia benedetto il nome del tuo Signore, detentore della Maestà e della gloria!
(Ibidem, LV, 46-78, pp. 489-490).

La guerra santa
« Io sono con voi — rivelò Dio agli Angeli —. Rendete saldi quelli che credono. Io getterò il terrore nei cuori di coloro che non credono, e voi colpiteli sul collo, mozzate loro le dita ». Ciò perché essi sono dissidenti verso Dio e il suo Inviato, e per chi è dissidente verso Dio e il suo Inviato Dio ha tremendi castighi. Gustatelo, tale castigo, e sappiate che per gl'Infedeli v'è il tormento del fuoco. O credenti, quando incontrate i miscredenti in marcia contro di voi, non volgete loro le spalle. Chi volgerà loro le spalle in quel giorno — a meno che non esegua una finta fuga quale stratagemma di guerra e vada a unirsi a un altro reparto — si tirerà addosso l'ira di Dio, e la sua dimora sarà — brutto destino!  la Gehenna. Non siete stati voi ad ucciderli; è Iddio che li ha uccisi. Non sei stato tu a tirare quando hai tirato: ha tirato Iddio Audiente e Veggente: Iddio ha voluto dare ai Credenti una bella prova di sé.
(Ibidem, VIII, 12-17, pp. 165-166).

All'armi, all'armi, o credenti! Accorrete in gruppi, accorrete in massa. V'è fra voi chi dice d'andar piano, e se la va male esclama: « Grazie a Dio, non ero con loro »; ma se Dio vi favorisce, dice, come se tra lui e voi non dovesse invece parlare l'affetto: « O se fossi stato con loro! Quanto ci avrei guadagnato! ». Combattono per la causa di Dio coloro che vendono la vita di quaggiù per comprare quella dell'Aldilà, ché gran premio daremo, sian uccisi o vincano, a coloro che combatteranno per la causa di Dio.
(Ibidem, IV, 71-74, pp. 91-92).

Iddio ha comprato dai credenti le loro persone e le loro sostanze offrendo in cambio il Paradiso. È una promessa certa che Egli ha fatto nel Pentateuco, nell'Evangelo e nel Corano, in favore di coloro che combattono e uccidono e sono uccisi per la causa di Dio: e chi mantiene il suo patto meglio di Dio? Traete, dunque, buone speranze dal contratto che avete concluso: avete fatto un ottimo affare!
(Ibidem, IX, 111, p. 187).

Pertanto, se incontrate i miscredenti, giù botte sul collo. Quando li avrete massacrati di colpi, rinserrate i ceppi [dei superstiti]. Poi o rilascio grazioso o riscatto fino a che la guerra non abbia deposto i suoi bagagli. Così sia. Se Dio volesse, Egli avrebbe ragione di loro da solo; ma vuol mettervi alla prova gli uni per mezzo degli altri. Egli non lascerà andar perdute le opere di coloro che saranno stati uccisi per causa sua.
(Ibidem, XLVII, 4, p. 461).

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